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SENTENZA A FAVORE DEGLI IUNIOR

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2009 16:42
13/03/2009 16:39

13/03/2009 16:42

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 6369/03, proposto dal
CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI, in persona del
Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avv.to Mario
Sanino ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello
stesso, in Roma, viale Parioli n. 180;
contro
il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
scientifica, il Ministero della Giustizia, la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti in carica, ex lege rappresentati e difesi
dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli
ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
- Consiglio Nazionale dei Geologi, in persona del legale
rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Anna Lagonegro e Claudio Romano, presso lo studio degli
stessi elettivamente domiciliato in Roma, via Boezio n. 92;
N.1473/2009
Reg. Dec.
N. 6369 Reg. Ric.
Anno 2003
- Consiglio Nazionale dei Geometri, in persona del legale
rappresentante in carica, rappresentato e difeso prima
dall’avv. Sergio Panunzio e poi, a séguito del decesso di questi,
dall’avv. Salvatore Alberto Romano e da ultimo elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’avv. Salvatore Alberto Romano
in Roma, viale XXI aprile n. 11;
- Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti
Industriali Laureati, in persona del legale rappresentante in
carica, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Fauceglia ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giuseppe
Torre, in Roma, via Crescenzio n. 19;
- Associazione D.U.E.L. (Diplomati e Diplomandi in
Edilizia e Laureati), in persona del legale rappresentante in
carica, rappresentata e difesa dall’avv. Sabato Pisapia ed
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Emanuele
Testaferrata, in Roma, via della Giuliana n. 80;
- Ente di Previdenza dei Periti Industriali, in persona del
legale rappresentante in carica, non costituitosi in giudizio;
e con l’intervento ad opponendum di
- Associazione FederIngegneri Sicilia, in persona del
legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa
dall’avv. Giovanni Maniscalco Basile ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dello stesso, in Roma, via Reggio
Emilia n. 29;
- C.U.P. 3 ( Coordinamento Universitari e Professionisti
triennali ), in persona del legale rappresentante in carica,
- 2 - N.R.G. 6369/2003
rappresentato e difeso dagli avv.ti Sabato Pisapia e Domenico
Tomassetti ed elettivamente domiciliato, da ultimo, presso lo
studio del secondo, in Roma, via Giovanni Pierluigi da
Palestrina n. 19;
- Sindacato Nazionale Ingegneri Iuniores e Architetti
Iuniores (SIND.IN.AR. 3), in persona del legale rappresentante
in carica, rappresentato e difeso dall’avv.to Domenico
Tomassetti ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello
stesso, in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio, Sez. I, n. 1791/2003.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio
Nazionale dei Geologi, del Consiglio Nazionale dei Geometri,
del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti
Industriali Laureati e dell’Associazione D.U.E.L., nonché delle
Amministrazioni statali appellate;
Visti gli atti di intervento ad opponendum
dell’Associazione FederIngegneri Sicilia, di C.U.P. 3
(Coordinamento Universitari e Professionisti triennali) e di
SIND.IN.AR. 3 (Sindacato Nazionale Ingegneri Iuniores e
Architetti Iuniores);
Viste le memorie prodotte dal Consiglio Nazionale dei
Geometri, dal Consiglio Nazionale dei Geologi e dalle
Amministrazioni appellate a sostegno delle loro difese;
- 3 - N.R.G. 6369/2003
Vista la decisione interlocutoria n. 2157/2008;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 27 gennaio 2009, il
Consigliere Salvatore Cacace e uditi l'avv. Mario Sanino per
l’appellante, l’avv. dello Stato Cristina Gerardis per le
Amministrazioni appellate, l’Avv. Anna Lagonegro per il
Consiglio Nazionale dei Geologi, l’avv. Laura Rainaldi, in
sostituzione dell’avv. Salvatore Alberto Romano, per il
Consiglio Nazionale dei Geometri, l’avv. Domenico Tomassetti
per C.U.P. 3 e per SIND.IN.AR. 3 e l’avv. Giovanni Maniscalco
Basile per l’Associazione FederIngegneri Sicilia;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1. – Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri impugnava,
avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il
D.P.R. n. 328/2001, emanato in attuazione dell’art. 1, comma
18, della legge n. 4/1999 ( modificata dall’art. 67, comma 4,
della legge n. 370/99 ), che aveva previsto che, con uno o più
regolamenti, fosse integrata e modificata la disciplina degli
ordinamenti professionali, per i quali fosse previsto l’obbligo
dell’esame di Stato, allo scopo di accogliere, con l’istituzione di
nuove sezioni, i laureati di I livello.
In particolare, si censuravano, con due motivi di ricorso:
a) la mancanza di contraddittorio tra il Ministero e gli
Ordini e Consigli Nazionali interessati, nonché uno
- 4 - N.R.G. 6369/2003
“scollegamento” tra i varii componenti del gruppo di lavoro
deputato a redigere il regolamento;
b) l’illogicità, incompletezza e difformità tra l’elencazione
delle attività previste dal titolo II del D.P.R. 328/2001 e quella
degli attuali ordinamenti professionali; la disomogeneità tra gli
obiettivi formativi qualificanti delle diverse lauree e lauree
specialistiche desumibili dai decreti d’area citati e le
competenze professionali riconosciute come accessibili
attraverso l’iscrizione alle sezioni ed ai settori dei vari albi; la
difformità e la disparità di trattamento tra la strutturazione
degli albi il cui accesso è consentito a laureati e laureati
specialistici e quella degli albi il cui accesso è consentito a
soggetti dotati di diploma di scuola secondaria superiore ( albi
degli agrotecnici, geometri, periti agrari e periti industriali );
confusione e perplessità nella individuazione dei confini di
competenza tra professioni tecniche “attigue”.
Con successivi motivi aggiunti veniva contestata la
violazione della legge costituzionale n. 3/2001.
Con ulteriori motivi aggiunti veniva altresì impugnata
l’ordinanza ministeriale in data 12 marzo 2002, di indizione
degli esami di Stato per il 2002, deducendone vizii di
illegittimità sia derivata ( perché adottata sulla scorta ed in
applicazione del già contestato D.P.R. n. 328/01 ), sia propria
( per non aver il Ministero emanante previsto più Commissioni
d’esame per ogni sede e per ogni settore individuato dal
regolamento, e per non avere specificato la ripartizione delle
- 5 - N.R.G. 6369/2003
competenze delle Commissioni rispetto alle diverse Sezioni
dell’Albo, cui l’esame dà accesso ).
2. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
sez. I, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva il
ricorso, ritenendo in via preliminare che la regola di carattere
generale prevista dall’art. 1, comma 2, del regolamento ( “Le
norme contenute nel presente regolamento non modificano
l’ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività
attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna
professione” ) fungesse da chiave interpretativa di tutte le
norme particolari contenute nel provvedimento.
Reputava, poi, che la censura di omessa partecipazione
dei consigli nazionali degli ordini interessati e di redazione
confusa e scoordinata del testo fosse infondata, rilevando,
quanto al primo aspetto, che “dalle premesse del
provvedimento risulta chiaramente che gli ordini e i collegi
professionali sono stati sentiti” e, quanto al secondo, che non
fosse “suffragato da prove di alcun genere” l’assunto circa la
mancata piena attività collegiale nella redazione dell’atto
impugnato.
Anche quanto alle plurime censùre del secondo motivo
di ricorso ( asserita mancanza di garanzie in capo ai soggetti
iscritti all’Albo antecedentemente alla riforma, utilizzo del
termine “iunior” per identificare gli iscritti nella sezione “B”
dell’Albo, mancanza di contiguità fra gli iscritti nelle due
- 6 - N.R.G. 6369/2003
distinte sezioni “A” e “B” ), il T.A.R. ne affermava
l’infondatezza.
Pure infondato veniva ritenuto il motivo aggiunto di
ricorso, “che censura di illegittimità costituzionale la legge n. 4
del 1999 … e ciò per più motivi: innanzitutto perché la legge
n. 4 del 1999 è antecedente alla riforma costituzionale, poi,
perché la normativa in esame presenta sicuramente aspetti di
carattere generale, in considerazione del fatto che trattasi di
una riforma generale delle professioni che non può che essere
uguale per tutto il territorio nazionale, ed infine perché,
quand’anche la materia fosse di competenza delle regioni,
occorrerebbe comunque attendere un provvedimento di queste
ultime, in attesa del quale non può che valere la normativa
statale previgente ( la cui scaturigine è del 1999, precedente
alla riforma costituzionale )”: pag. 10 della sentenza.
Quanto, poi, ai motivi aggiunti diretti contro la
successiva ordinanza ministeriale, si affermava che “le
censure di illegittimità derivata seguono la sorte di quelle
attinenti all’impugnazione del d.P.R. n. 328 del 2001”, mentre
“le censure che si dirigono autonomamente contro l’ordinanza
ministeriale che indice la sessione di abilitazione per il 2002,
derivano la loro infondatezza dal fatto che non è necessario
prevedere più commissioni per ciascuna sede (ciò è solo
consigliabile per motivi di opportunità), che risulta indicata
nell’ordinanza e la necessità della dichiarazione del titolo di
studio posseduto e del settore per il quale i candidati chiedono
- 7 - N.R.G. 6369/2003
di partecipare all’esame di abilitazione, ed infine perché non è
necessaria nella specie la partecipazione degli ordini
professionali” ( pagg. 10 – 11 sent. ).
3. – Il Consiglio professionale, originario ricorrente, ha
appellato la indicata sentenza, deducendo i seguenti motivi:
3.1 – Non correttezza della decisione sul primo motivo di
ricorso, non essendo stati gli interessati “posti in grado di
verificare, nel corso del procedimento, se le proprie
osservazioni siano state o meno valutate” (pag. 10 app.) e che
“il regolamento è frutto di un lavoro scoordinato, a più mani,
privo di alcun collegamento con la realtà delle professioni,
appunto ignorata” ( pag. 11 app. );
3.2 – Omessa o parziale pronuncia, da parte del T.A.R.,
sui denunciati “molteplici vizi”, di cui al secondo motivo di
ricorso:
a) sulle competenze professionali;
b) sul termine “junior”;
c) su disomogeneità tra gli obiettivi formativi qualificanti
delle diverse lauree e lauree specialistiche desumibili dai
decreti d’area citati, e le competenze professionali riconosciute
come accessibili attraverso l’iscrizione alle sezioni ed ai settori
dei vari albi;
d) su difformità e disparità di trattamento tra la
strutturazione degli albi il cui accesso è consentito a laureati e
laureati specialistici e quella degli albi il cui accesso è
consentito a soggetti dotati di diploma di scuola secondaria
- 8 - N.R.G. 6369/2003
superiore ( albi degli agrotecnici, geometri, periti agrari e periti
industriali );
e) su confusione e perplessità nella individuazione dei
confini di competenza tra professioni tecniche “attigue”;
3.3 – Erroneo rigetto del motivo relativo alla intervenuta
violazione della legge costituzionale n. 3/2001, censurandosi il
contrasto “con i nuovi precetti costituzionali” dell’assetto
“normativo della regolamentazione della materia dell’accesso
alle professioni e delle relative competenze professionali
disposto con il DPR impugnato”, nonché l’illegittimità
costituzionale della legge delega, “che delegifica la materia
demandandone la regolamentazione – sulla scorta di criteri
alquanto generici che di fatto svuotano la portata
dell’intervento parlamentare – ad una fonte regolamentare”
(pag. 45 app. );
3.4 – Vengono infine ribadite le censùre proposte
avverso l’ordinanza ministeriale, che ha introdotto per la
prima volta la sessione di esami di abilitazione in base al
D.P.R. n. 328/01.
4. – Si sono costituiti in giudizio, per resistere, il
Consiglio Nazionale dei Geologi, quello dei Geometri, quello dei
Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, nonché
l’Associazione D.U.E.L.
Tutti hanno eccepito l’inammissibilità, e comunque
l’infondatezza, dei motivi di appello.
- 9 - N.R.G. 6369/2003
Il primo ed il terzo hanno specificamente eccepito, in
particolare, l’inammissibilità del ricorso di primo grado per
mancata notifica ai controinteressati, mentre solo il primo ha
sollevato analoga eccezione per carenza di legittimazione ed
interesse a ricorrere del Consiglio Nazionale degli Ingegneri in
relazione alla domanda di annullamento in toto del D.P.R. n.
328/01.
Sono intervenuti ad opponendum, analiticamente
illustrando anche con successive memorie le rispettive tesi
opposte a quelle dell’atto di appello, l’Associazione
FederIngegneri Sicilia, il C.U.P. 3 ( Coordinamento Universitari
e Professionisti triennali ) ed il Sindacato Nazionale Ingegneri
Iuniores e Architetti Iuniores (SIND.IN.AR. 3).
Si sono pure costituiti in giudizio il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, il
Ministero della Giustizia e la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
Con memorie in data 2 aprile 2008, 23 ottobre 2008 e
15 gennaio 2009, il Consiglio Nazionale dei Geometri ha
ribadito “l’inammissibilità e la radicale infondatezza” delle
censùre proposte dall’appellante.
Con memorie in data 30 ottobre 2008 e 16 gennaio 2009
il Consiglio Nazionale dei Geologi ha articolatamente illustrato
le sue richieste di declaratoria di inammissibilità ed
improcedibilità del ricorso di primo grado.
- 10 - N.R.G. 6369/2003
Le Amministrazioni appellate, con memoria in data 26
novembre 2008, hanno chiesto la reiezione dell’appello,
all’uopo richiamando le difese formulate in prime cure.
Con decisione interlocutoria n. 2157/2008, la Sezione,
ai fini della necessaria valutazione preliminare delle eccezioni
di inammissibilità del ricorso di primo grado ( sollevate dai
resistenti Consiglio Nazionale dei Geologi e Consiglio
Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati
in relazione alla omessa notificazione dello stesso ai
controinteressati Ordini e collegi professionali e solo dal primo
quanto alla carenza di legittimazione dell’Ordine ricorrente a
chiedere l’annullamento in toto del D.P.R. n. 328/01 ), nonché
ai fini dell’eventuale, successivo, esame nel mérito del
gravame, riteneva necessario acquisire:
a) copia del ricorso di primo grado ( non presente nel
fascicolo d’ufficio trasmesso dal T.A.R. ai sensi del primo
periodo del comma 8 dell’art. 23 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034 ), munita degli estremi delle relate di notifica;
b) copia del primo atto di motivi aggiunti di primo
grado (non presente nel fascicolo d’ufficio trasmesso dal T.A.R.
ai sensi del primo periodo del comma 8 dell’art. 23 della legge
6 dicembre 1971, n. 1034), munita degli estremi delle relate di
notifica;
c) relazione illustrativa dello schema di regolamento
poi emanato con il D.P.R. n. 328 del 2001, con particolare
riguardo al capo relativo alla professione di ingegnere.
- 11 - N.R.G. 6369/2003
A detti adempimenti istruttòrii hanno ottemperato in
parte la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
successivamente, in due riprese, parte appellante.
5. – La causa è stata nuovamente chiamata e trattenuta
in decisione all’udienza pubblica del 27 gennaio 2009.
D I R I T T O
1. Viene all’attenzione del Collegio, per quanto più
specificamente riguarda la categoria degli ingegneri, la riforma
dell’accesso agli albi delle professioni regolamentate operata
con il D.P.R. n. 328 del 2001, emanato in attuazione dell’art.
1, comma 18, della legge n. 4/1999 ( modificata dall’art. 67,
comma 4, della legge n. 370/99 ), che aveva previsto che, con
uno o più regolamenti, fosse integrata e modificata la
disciplina degli ordinamenti professionali, per i quali fosse
previsto l’obbligo dell’esame di Stato, allo scopo di accogliere,
con l’istituzione di nuove sezioni, i laureati di I livello.
2. - Va, preliminarmente, disattesa, nei términi che
seguono, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo
grado sollevata dai resistenti Consiglio Nazionale dei Geologi e
Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e Periti Industriali
Laureati in relazione alla omessa notificazione dello stesso ai
controinteressati Ordini e collegi professionali, e solo dal
primo quanto alla carenza di legittimazione dell’Ordine
ricorrente a chiedere l’annullamento in toto del D.P.R. n.
328/01.
- 12 - N.R.G. 6369/2003
Premesso, invero, che ogni ordine professionale è
legittimato a ricorrere per la difesa degli interessi di categoria
dei soggetti di cui ha la rappresentanza istituzionale ogni
qualvolta si tratti di agire a tutela della professione stessa o di
attribuzioni proprie dei professionisti ovvero ancora quando
bisogna perseguire vantaggi strumentali giuridicamente
riferibili alla sfera categoriale ( v. C.d.S., sez. V, 30 gennaio
2002, n. 505 ), deve rilevarsi come il regolamento oggetto del
giudizio ( che l’istruttoria eseguita ha consentito di appurare
esser stato impugnato dall’odierno appellante con il ricorso
originario e con un primo atto di motivi aggiunti notificati
entrambi tempestivamente alle sole Amministrazioni qui
appellate ) non possa che intendersi impugnato nella misura e
nella parte in cui è asseritamente lesivo per il Consiglio
ricorrente e dunque laddove reca “modifiche e integrazioni
della disciplina dei requisiti e delle relative prove per l’esercizio
di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi
ordinamenti … segnatamente per la professione di ingegnere”
(così, testualmente, l’epigrafe del ricorso di primo grado).
Risulta evidente, da un lato, l’indubbia sussistenza
dell’interesse dell’Ordine stesso a scongiurare gli effetti lesivi
attuali asseritamente derivanti all’àmbito professionale della
categoria degli ingegneri (anche nell’ipotesi in cui possa
configurarsi un ipotetico conflitto di interessi tra ordine
professionale e singoli professionisti in qualche modo
beneficiarii dell’atto impugnato, che l’ordine assuma invece
- 13 - N.R.G. 6369/2003
essere lesivo dell’interesse istituzionalizzato della categoria:
Cons. St., V, 7 marzo 2001, n. 1339 e 3 giugno 1996, n. 624)
dagli atti impugnati (fermo restando che le relative censùre
sono scrutinabili solo nella misura in cui esse siano
ricollegabili all’interesse della categoria professionale
rappresentata dal Consiglio ricorrente e dunque prospettino
quanto meno una concreta lesione delle prerogative dei
predetti professionisti derivante dagli atti stessi); dall’altro
l’insussistenza, almeno in astratto, di una posizione di
controinteresse in capo ai Collegi ed ordini resistenti, che sono
in grado di vedere lesa la loro posizione giuridica da un
eventuale accoglimento del ricorso originario, solo nella
misura in cui esso travalichi lo stretto àmbito
dell’ordinamento professionale degli ingegneri, sì che la
verifica circa la sussistenza o meno di una siffatta posizione
andrà compiuta in relazione alle singole censùre di appello
(ove corrispondenti alle doglianze di primo grado, sulle quali
incontestatamente il contraddittorio è stato instaurato, quanto
all’impugnazione del D.P.R. n. 328/2001, con le sole
Amministrazioni odierne appellate), con conseguente effetto di
inammissibilità delle censùre medesime laddove la lesione con
ciascuna dedotta scaturisca da effetti, derivanti dagli atti
oggetto del giudizio, almeno asseritamente riduttivi della
competenza degli ingegneri a vantaggio di diverse competenze
professionali, ovvero dal lamentato ampliamento della sfera e
delle attribuzioni di altri professionisti, ovvero, ancora, da
- 14 - N.R.G. 6369/2003
affermate differenze ordinamentali tra la categoria degli
ingegneri ed altra od altre categorie, che queste ultime
potrebbero avere l’interesse a difendere.
3. – Così delimitato l’oggetto del giudizio, giova, in
mérito all’impianto generale del D.P.R. n. 328 del 2001 in
considerazione ( con il quale si è proceduto alla modifica
dell’ordinamento di alcune professioni liberali - tra cui quella
di ingegnere - derivante dalla necessità dell’inserimento nei
relativi albi dei nuovi laureati triennali ), ricordare come l’art.
1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, come
modificata dall’art. 6, comma 4 della l. 19 ottobre 1999 n.
370, avesse previsto l’emanazione, su proposta del Ministro
dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di
concerto con il Ministero della Giustizia, di uno o più
regolamenti, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n.
400/88, che, con riferimento alle attività professionali per il
cui esercizio la normativa vigente già prevedeva l’obbligo
dell’esame di Stato, modificassero ed integrassero la disciplina
del relativo ordinamento dei connessi albi, ordini o collegi,
nonché dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle
relative prove.
Il potere regolamentare attribuito dalla citata
disposizione era finalizzato ad una modifica della normativa
vigente in materia di ordini professionali e dei relativi esami di
Stato, che tenesse conto dei titoli istituiti in applicazione
- 15 - N.R.G. 6369/2003
dell’art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e
successive modificazioni.
A sua volta, l’art. 17 citato aveva attribuito autonomia
didattica alle Università, prevedendo che l’ordinamento degli
studi dei corsi universitarii fosse disciplinato dagli atenei nel
rispetto dei principii generali definiti con uno o più decreti del
Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica.
In attuazione di tale disposizione, il decreto n. 509/99
“Regolamento recante norme concernenti l’autonomia
didattica degli atenei” definiva la struttura dei nuovi corsi di
laurea articolati su due livelli.
Con successivi decreti ministeriali in data 4 agosto 2000
e 28 novembre 2000, venivano poi individuate,
rispettivamente, le classi di laurea e le classi di laurea
specialistica, e ne venivano definiti obiettivi formativi e crediti
formativi relativi.
Con il Regolamento di cui al D.P.R. n. 328/01 si
provvedeva, poi, ad adeguare alla nuova struttura
dell’ordinamento degli studi universitarii lo sbocco
professionale rappresentato dall’iscrizione agli albi delle
professioni regolamentate, stabilendo la necessaria
correlazione tra requisiti per l’accesso all’esame di Stato
previsto dalla normativa vigente per ciascuna professione e
nuovi titoli di studio.
Il Regolamento interveniva, così, sui caratteri tipici delle
professioni ( iscrizione ad un albo, superamento – ove già
- 16 - N.R.G. 6369/2003
previsto – di un esame di abilitazione al términe di un corso di
studii, individuazione delle figure professionali con i relativi
profili ed ordinamenti didattici ), programmaticamente
enunciando, al comma 2 dell’art. 1, nell’identificare il campo
di applicazione del decreto, il principio, secondo cui “le norme
contenute nel presente regolamento non modificano l'àmbito
stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività
attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna
professione”.
Per quel che interessa la professione di ingegnere, per
cui è causa, il Regolamento procedeva, in particolare, ad
alcune importanti innovazioni, prevedendo in specie:
a)due distinte figure professionali: ingegnere ed
ingegnere iunior;
b) l’articolazione dell’albo in due sezioni A e B,
rispettivamente per gli ingegneri e gli ingegneri iuniores;
c)l’istituzione di tre settori nell’àmbito dell’albo,
rispettivamente dell’ingegneria civile e ambientale,
dell’ingegneria industriale e dell’ingegneria dell’informazione,
in relazione alla esigenza di suddividere l’àmbito dell’attività
professionale, fortemente ampliato per effetto dello sviluppo
teconologico. I settori individuano ambiti di attività che
accorpano a loro volta più specializzazioni. Tale suddivisione è
in linea con quanto è stato attuato negli altri Paesi europei;
d) una ripartizione delle attività professionali
attualmente attribuite agli ingegneri, individuando quale
- 17 - N.R.G. 6369/2003
criterio di ripartizione quello relativo all’uso di metodologie
avanzate od innovative per gli iscritti alla sezione A ed all’uso
di metodologie standardizzate per gli iscritti alla sezione B;
sono state inoltre individuate, a titolo esemplificativo e non
tassativo, le attività maggiorente caratterizzanti la professione,
con particolare riferimento alle competenze che più
frequentemente sono state oggetto di contenzioso;
e)l’accesso alle sezioni dell’albo previo superamento di
appositi esami di Stato, ai quali si è ammessi rispettivamente
con il possesso delle lauree specialistiche e delle lauree,
individuate con i dd.mm. 28 novembre 2000 e 4 agosto 2000,
in relazione agli obiettivi formativi qualificanti dalle stesse
assicurati;
f) la definizione delle prove e delle materie degli esami di
Stato in coerenza con le attività professionali indicate per
ciascuna sezione e ciascun settore.
Occorre, ancora, ricordare come, sullo schema di
Regolamento, si fosse espresso, come previsto, il Consiglio di
Stato - Sezione consultiva per gli atti normativi, con parere
espresso nell’Adunanza del 21 maggio 2001, che, nella parte
relativa al titolo professionale da riconoscersi agli iscritti alla
sezione “B” dell’Albo, in relazione all’ipotesi di “aggiungere
l’aggettivo junior al titolo usato per gli iscritti nella sezione A”,
per quanto qui interessa, così argomentava: “una soluzione
del genere lascia piuttosto perplessi, in quanto - nell’uso
comune – l’appellativo junior, serve normalmente a
- 18 - N.R.G. 6369/2003
distinguere, nell’ambito di una stessa classe, livelli di
anzianità progressivi ai quali corrisponde una diversa
esperienza professionale. Non è certamente questo il caso che
ne occupa, in cui la suddivisione in livelli, presuppone una
diversa preparazione ( e non esperienza ) professionale, senza
tener conto che – sempre restando nell’uso comune, che pure
è importante in quanto il titolo serve a determinare
l’affidamento del terzo che ha bisogno di uno specialista … -
l’aggettivo junior, sicuramente abbreviato in “jr”, finirà col
perdere qualsiasi rilevanza ai fini di quella distinzione di livelli
che pure si vuole mantenere. Sembra quindi preferibile, pur
con tutte le conseguenze indicate nella relazione,l impiegare in
casi del genere l’espressione tecnico di …”.
4. – Ciò posto, una volta rilevata, nei sensi di cui
sopra, l’ammissibilità del ricorso originario e quindi
dell’appello, i motivi di gravame vanno respinti in quanto
infondati, ovvero dichiarati inammissibili, nei términi di cui
appresso.
4.1 – Non sussistono, anzitutto, la lamentata violazione
dei principii dell’ordinamento in materia di partecipazione
degli interessati al procedimento, né la denunciata
“confusione e perplessità” dell’atto nelle sue varie parti.
4.1.1 – Rileva in proposito il Collegio che,
contrariamente a quanto affermato dall’appellante, il
coinvolgimento degli interessati durante la fase istruttoria è
stato ampio e conforme a quanto prescritto dalla delega, che,
- 19 - N.R.G. 6369/2003
nell’usare la formula “sentiti gli organi direttivi degli ordini
professionali”, lungi dal prevedere un parere in qualche modo
vincolante di questi ( dovendo il legislatore disciplinare una
così complessa materia senza subire i condizionamenti
derivanti dagli interessi delle diverse categorie, peraltro spesso
in contrasto tra loro ) od un contraddittorio “continuo” con le
categorie stesse sui singoli aspetti dell’articolata riforma in
relazione allo stato d’avanzamento dei lavori di redazione,
consente ad esse di esprimere posizioni motivate nelle varie
fasi dell’istruttoria, senza che peraltro in alcun modo ne nasca
il preteso obbligo dell’Amministrazione di motivare sull’ésito di
detti apporti procedimentali, tenuto in particolare conto della
natura della potestà ( normativa ) esercitata in tale fattispecie
dall’Amministrazione stessa in attuazione del provvedimento
legislativo di delegificazione.
Tale possibilità risulta in concreto esser stata data (e
fruita) dagli ordini e collegi interessati ( ivi compreso quello
nazionale degli ingegneri ), la cui partecipazione è stata di
fatto estesa, sì da consentire loro di fornire
all’Amministrazione procedente l’indicazione concreta, sia in
una fase iniziale in mérito al contenuto del predisponendo
regolamento, sia in uno stadio più avanzato del procedimento
in relazione allo schema di regolamento predisposto, delle
proprie valutazioni e proposte, quali utili contributi
all’elaborazione del complesso nuovo ordito normativo.
- 20 - N.R.G. 6369/2003
Su tale già sufficiente impianto di base del sistema di
coinvolgimento degli ordini professionali si sono peraltro
innestati audizioni, incontri plenarii ed una fitta
corrispondenza ( della quale dà correttamente conto la
sentenza impugnata ), alla luce dei quali la censura all’esame
appare del tutto priva di pregio.
4.1.2 – Anche il prospettato vizio dell’istruttoria si rivela
insussistente.
Infatti, risulta dagli atti che, per la predisposizione dei
regolamenti attuativi del predetto comma 18, è stato istituito
presso il Ministero dell’Università un gruppo di lavoro, con il
còmpito primario di approfondire le problematiche dell’accesso
alle professioni nel quadro normativo delineato dalla riforma
dell’ordinamento degli studi universitari e dalle direttive
europee.
E’ pur vero, e risponde anzi ad ineludibili principii di
logica e di efficienza dell’attività amministrativa, che, per la
complessità e la vastità della materia oggetto di tale lavoro di
gruppo, l’attività istruttoria è stata ripartita fra i vari
componenti del gruppo, ma la stessa, peraltro preceduta
dall’individuazione di direttive di base da parte del presidente
della Commissione, è stata ricondotta a sapiente unità prima
con una relazione del gruppo al Ministro, poi con un incontro
al CUP da questo convocato ( nel corso del quale ordini e
collegi professionali sono stati invitati a formulare proposte ),
ancòra con successivi numerosi incontri con ordini e collegi ed
- 21 - N.R.G. 6369/2003
infine con una bozza dello schema di regolamento, anch’essa
peraltro sottoposta all’esame di ciascun ordine professionale,
che, nella sua versione definitiva poi emanata, se
indubbiamente rivela qualche disarticolazione tra le
disposizioni di carattere generale e quelle riguardanti le
singole professioni, comunque egregiamente riconduce ad
omogeneità di regolamentazione sul piano giuridico,
puntualmente adempiendo all’oggetto della “delega” conferita
dal legislatore, le questioni comuni a tutte le professioni prese
in considerazione.
4.2 – Venendo al complesso ed articolato secondo
motivo di impugnazione, premessa e sottolineata la validità del
cànone interpretativo generale assunto dal T.A.R. a base delle
sue considerazioni ( mediante il richiamo della veduta clausola
generale di salvaguardia dell’ambito stabilito dalla normativa
vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via
esclusiva o meno, a ciascuna professione ), i dedotti profili di
doglianza si rivelano in parte infondati ed in parte
inammissibili.
4.2.1 – Anzitutto, quanto alla prevista istituzione, negli
Albi professionali, di due sezioni ( A e B ) riservate
rispettivamente ai laureati di primo e secondo livello,
premesso che la riforma attuata con la legge n. 4 del 1999 sul
valore e la durata dei corsi universitarii comportava
indubbiamente l'esigenza di ridefinire i requisiti per l'accesso
alle cosiddette professioni protette ( per le quali sia necessaria
- 22 - N.R.G. 6369/2003
l'iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale ), del tutto
in sintonia con quanto rilevato dalla Sezione Consultiva per gli
Atti Normativi con il parere n. 118/2001 reso nell’adunanza
del 21 maggio 2001, va, in proposito, precisato che la finalità
del regolamento è quella di collegare i nuovi titoli accademici
(una volta unici per tutte le Università) con l’ordinamento delle
professioni vigenti, che, precedentemente alla emanazione del
contestato D.P.R., era ancora quello anteriore precedente alla
riforma universitaria e che, a tal fine, non sembra violare la
norma di delega la suddivisione, in sezioni e settori, degli
ordini preesistenti, attribuendo - onde evitare confusioni -
denominazioni diverse ai singoli settori, in attesa di una
riforma anche della materia degli ordini professionali.
Dette denominazioni dei settori, in cui vengono ad
essere ripartite le nuove sezioni “A” e “B” degli Albi
professionali, così come l’effettiva individuazione per ciascuna
sezione delle attività maggiormente caratterizzanti la
professione, non innovano, a parere del Collegio ( né potevano
assolutamente innovare, alla stregua della “delega” ed in
particolare del criterio di cui alla lettera a), che prevedeva la
sola “determinazione dell'ambito consentito di attività
professionale ai titolari di diploma universitario e ai possessori
dei titoli istituiti in applicazione dell'articolo 17, comma 95,
della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive
modificazioni” ) la materia delle attività riservate o consentite
alla professione de qua ( in via esclusiva od unitamente ad
- 23 - N.R.G. 6369/2003
altre ), attuandone invece correttamente una mera
ripartizione, previa individuazione di un criterio di carattere
generale, facente riferimento alle professionalità conseguite a
compimento dei diversi percorsi formativi di accesso, relativi,
rispettivamente, alle lauree ed alle lauree specialistiche.
Pertanto l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto,
delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle
sezioni “A” e “B” dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo
scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando
quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando
immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili
nell’àmbito della professione stessa come già normativamente
definito.
E’ evidente, allora, alla stregua di quanto fin qui
considerato, l’insussistenza del vizio denunciato col quinto
profilo ( che mérita prioritaria trattazione per ragioni d’ordine
logico ) del motivo all’esame, col quale si addebita al formatore
regolamentare di “aver lasciato inalterato il grado di
confusione che attiene l’individuazione dei confini di
competenza tra albi contigui” ( pag. 39 app. ), atteso che il
còmpito e lo spazio attribuito dalla legge “delega” ( le cui
disposizioni sul punto devono essere interpretate
restrittivamente in quanto incidenti sulla ordinaria
ripartizione di competenze normative tra Parlamento e
Governo ) al regolamento si limitavano alla individuazione, tra
le attività già attribuite dall’ordinamento professionale agli
- 24 - N.R.G. 6369/2003
ingegneri, dell’àmbito rispettivamente devoluto ai laureati
specialisti ed ai laureati, che, in séguito ad un percorso
formativo più breve, hanno acquisito minori competenze,
senza alcuna possibilità di provvedere, come pretende invece
l’odierno appellante, alla modifica dei “confini di competenza”
fra professioni, che, per quanto notoriamente oggetto di
“contenzioso”, rientra in un riordino della materia delle attività
attribuite a ciascuna professione, come s’è visto non previsto e
non voluto dal legislatore “delegante”, cui solo compete,
nell'esercizio della sua discrezionalità, individuare competenze
ed attribuzioni di ciascuna categoria professionale,
essenzialmente sulla scorta del principio di professionalità
specifica, il quale richiede, per l'esercizio delle attività
intellettuali rivolte al pubblico, un adeguato livello di
preparazione e di conoscenza delle materie inerenti alle
attività stesse ( vedansi, tra le molte, le sentenze della Corte
costituzionale n. 5 del 1999, n. 456 del 1993, n. 29 del 1990 e
n. 441 del 2000 ); profilo, questo all’esame, la cui deduzione si
rivela peraltro inammissibile laddove attribuisce al legislatore
delegato, dolendosene, la volontà “di definire il confine delle
competenze fra geometri ed ingegneri iunior sulla base di due
nozioni sostanzialmente analoghe” ( pag. 40 app. ),
lamentandosi con la stessa, con tutta evidenza, una
pretesamene illegittima concorrenza di ingegneri e geometri
nella stessa materia professionale, senza che l’ordine
professionale dei secondi, di cui pare indubbia l’effettiva
- 25 - N.R.G. 6369/2003
titolarità di un interesse qualificato alla conservazione dell’atto
impugnato e dunque la sua riconducibilità alla tradizionale
nozione di “controinteressato” ( della quale sussistono nella
fattispecie sia l’elemento formale – essendo lo stesso
agevolmente individuabile fra gli “ordini e collegi professionali
interessati” cui fa riferimento il medesimo atto impugnato
nelle sue premesse – sia l’elemento sostanziale, essendo esso
sul punto portatore, quanto meno in astratto, dell’interesse di
cui sopra, di natura eguale e contraria a quello del
ricorrente ), sia stato ritualmente intimato nel giudizio di
primo grado e senza che alcuna efficacia sanante del difetto di
costituzione del contraddittòrio qui rilevato possa essere
riconosciuta alla presenza in giudizio dello stesso, in primo
grado, nella posizione di interventore “ad opponendum”, sia
perché la costituzione in giudizio di una parte può sanare
eventuali difetti di una notifica, che – sia pure irregolarmente
– sia intervenuta, e non per sostituire una attività processuale
dovuta da parte del ricorrente, sia in relazione alla diversa
posizione garantita all’interventore, meramente subordinata
alla posizione della parte, rispetto alla quale svolge il suo
intervento di sostegno ( Cons. St., V, 3 aprile 2006, n. 1729 ).
Nemmeno, poi, sussiste la denunciata “ulteriore
confusione, addirittura, tra ingegneri ed ingegneri iunior” in
relazione alla “competenza dell’ingegnere iunior per le
costruzioni civili semplici” ( pag. 40 app. ), dal momento che
l’individuazione dell’oggetto dell’attività professionale degli
- 26 - N.R.G. 6369/2003
iscritti alla sezione “B” dell’albo degli ingegneri per il settore
“ingegneria civile e ambientale”, lungi dal far mero riferimento,
come pretende l’appellante, all’uso di metodologie
standardizzate ( che assume invece un rilievo fondamentale
nei settori della “ingegneria industriale” e della “ingegneria
dell’informazione” ), è basata sui chiari concetti di “concorso” e
“collaborazione alle attività”, che ben valgono a distinguere la
nuova figura professionale creata, in stretta correlazione con il
diverso percorso formativo seguito dagli iscritti in tale sezione.
4.2.2 – Venendo ai dubbii di legittimità del contestato
D.P.R., formulati con il primo profilo del secondo motivo
d’appello, circa la possibilità, per gli attuali iscritti all’ordine
degli ingegneri, di mantenere le proprie precedenti
competenze, a rivelarne l’infondatezza valga considerare, oltre
a quanto già sopra sottolineato ( v. punto 4.2.1 ), che il
regolamento in questione – in ossequio al dettato della fonte
legislativa sovraordinata – non innova la materia delle attività
riservate e/o consentite, in via esclusiva od unitamente ad
altre, ad ogni singola professione, e che la disciplina
transitoria ( prevista anche per gli ingegneri: v. art. 49 ) tiene
ovviamente conto dei diritti quesiti, che risultano
integralmente salvaguardati.
Il mantenimento, da parte dei soggetti già iscritti
all’ordine, delle competenze attribuite alla categoria dalla
vigente normativa è stato infatti previsto, così come per tutte
le altre professioni, anche per gli ingegneri, come chiaramente
- 27 - N.R.G. 6369/2003
si evince dal combinato disposto degli articoli 46 e 49 del
regolamento.
E’ evidente, peraltro, che, essendo state le sezioni del
relativo albo articolate in settori in corrispondenza alla
pluralità e specificità dei percorsi formativi proprii delle classi
di laurea e laurea specialistica che consentono l’accesso allo
stesso, non ci si poteva limitare alla semplicistica previsione,
secondo cui i precedenti iscritti sarebbero stati
automaticamente inseriti nella sezione “A” di esso, ma si è
dovuto far congruamente riferimento anche ai settori, così
lasciando ad essi la facoltà di iscrizione in uno o più dei
settori medesimi.
Ne consegue che anche per gli ingegneri, così come per
le altre categorie professionali, risulta prevista la possibilità di
continuare ad esercitare tutte le competenze attribuite dalla
legge.
L’acclarato generale mantenimento di tali competenze
consente anche di ritenere insussistente la pretesa omissione
concernente “le attività professionali riservate agli iscritti alla
sezione A dell’Albo degli ingegneri, settore ingegneria
industriale e ingegneria dell’informazione” (asseritamente
relativa alle “attività nel campo dell’impiantistica civile, edile e
ambientale”), avendo il contestato regolamento effettuato,
quanto alle attività professionali ammesse, un sostanziale
rinvio all’ordinamento vigente, passando poi ad una
elencazione meramente esemplificativa delle predette attività.
- 28 - N.R.G. 6369/2003
Per quel che riguarda, infine, la lamentata attribuzione
di competenze - pretesamente spettanti agli ingegneri - ad
altre categorie professionali, oppure la mancata attribuzione ai
primi di competenze che si assumono concorrenti con quelle
di altri professionisti ( architetti: pagg. 23 – 26 app.; geologi:
pagg. 27 – 30 app. ), i profili di censura relativi si palesano
inammissibili, non essendovi anche in relazione ad essi
dubbio alcuno sulla qualità di controinteressati dei relativi
ordini professionali rispetto a tali doglianze: controinteressati,
come s’è già visto, in primo grado non ritualmente evocati in
giudizio.
4.2.3 - Quanto al diritto al titolo professionale, che la
normativa vigente attribuisce a coloro che conseguono
l’abilitazione professionale, le vivaci critiche, formulate
dall’appellante con il secondo profilo del motivo in
considerazione, alla scelta dell’Amministrazione di utilizzare
l’appellativo “iunior” per gli iscritti alla sezione B dell’albo, non
portano a ritenere sussistente quell’illegittimità, che lo stesso
pretende di trarne.
Ed invero, l’Amministrazione si è, con congrua
motivazione, discostata dal pur difforme parere del Consiglio
di Stato ( che comunque formula in proposito osservazioni
attinenti più che altro al mérito ed alla opportunità dell’azione
amministrativa, e non invece alla legittimità quando ritiene
preferibili espressioni quali quella di “tecnico di …” ), laddove,
nella relazione di accompagnamento al regolamento, premesso
- 29 - N.R.G. 6369/2003
che va tenuto conto dell’esigenza di distinguere le nuove figure
professionali che si vengono a creare in relazione al diverso
percorso formativo seguìto, ha opportunamente sottolineato
che il termine “tecnico” utilizzato in ambito comunitario per
identificare i professionisti con percorso formativo triennale è
ricollegato generalmente ad una formazione di livello postsecondario
acquisita non in ambito universitario, concludendo
quindi congruamente nel senso che l’utilizzo del prefissoide
“tecno” presenta l’inconveniente di non evidenziare con
immediatezza la scelta di fondo della riforma dei cicli di studio
universitarii, che ha affidato tale formazione alle Università
anziché ad altre istituzioni di livello post-secondario.
Tale scelta, così motivata, appare in sostanza del tutto
in linea con il complessivo indirizzo ordinamentale, che
impone di tener conto, nella individuazione dei titoli che
consentono l’accesso alle professioni, dello stretto raccordo
esistente tra titolo professionale e percorso formativo, così da
rendere percepibile, attraverso un aggettivo comunque riferito
unicamente alla minore qualificazione professionale, la
particolare qualificazione dei professionisti con una
formazione triennale acquisita nel nostro Paese ( in siffatti
términi ancora l’indicata relazione ).
4.2.4 – Quanto alla discussa conformità agli obiettivi
formativi qualificanti delle classi di laurea e laurea
specialistica delle attività professionali consentite
dall’iscrizione all’albo degli ingegneri, fatta valere con ulteriore
- 30 - N.R.G. 6369/2003
profilo di doglianza del secondo motivo di appello, la dedotta
illegittimità ( evocata in términi peraltro confusi e generici )
della prevista ammissione all’esame di Stato per l’iscrizione
nella sezione “A” – settore dell’informazione anche dei soggetti
in possesso della laurea specialistica della classe 23/S non
sussiste, atteso che il D.M. in data 28 novembre 2000 (non
impugnato dal Consiglio appellante) prevede, per il settore
dell’informazione, tra le classi di lauree specialistiche i cui
obiettivi e le cui attività formative individuano un percorso
idoneo all’esercizio della professione di cui alla sezione “A”
medesima, le classi 23/S, 26/S, 29/S, 30/S, 32/S, 34/S e
35/S, secondo le quali, nei rispettivi ambiti individuati dallo
specifico percorso formativo, i laureati specialisti svolgeranno
attività professionali relative alla innovazione ed allo sviluppo
della produzione, alla progettazione avanzata, alla
pianificazione, programmazione e gestione di sistemi
complessi, del tutto in sintonia con la declaratoria delle
attività professionali affidate al settore “ingegneria
dell’informazione” dall’art. 46, comma 1, lett. c), del D.P.R. n.
328/01.
Inammissibili risultano poi le doglianze relative alle
asserite “ulteriori discrepanze tra gli obiettivi formativi”
anzidetti, rilevate in particolare “per quanto concerne la classe
di laurea specialistica 38/S … [ che ] consente l’accesso sia
alla Sezione A settore civile ed ambientale dell’albo degli
ingegneri che alla sezione A dell’albo dei dottori agronomi e
- 31 - N.R.G. 6369/2003
dottori forestali” ( pag. 34 app. ), il cui ordine, avente
legittimazione a difendere sul punto in sede giurisdizionale gli
interessi della categoria, non è stato in primo grado chiamato
in giudizio in qualità di controinteressato.
4.2.5 – Lo stesso deve dirsi della lamentata “difformità
di struttura tra gli Ordini che consentono l’ammissione
all’esame di Stato di laureati e laureati specialistici e quelli
che prevedono l’accesso per diplomati delle scuole superiori e
laureati”, di cui all’articolato quarto profilo del motivo in
considerazione, non essendo stati evocati in giudizio con il
ricorso introduttivo gli ordini professionali degli agrotecnici,
dei geometri, dei periti agrarii e dei periti industriali,
legittimati a contraddire e difendere anche su tale questione
gli interessi della categoria dei soggetti, di cui hanno la
rappresentanza istituzionale e portatori dunque di un
interesse qualificato alla conservazione del regolamento
impugnato, che non a caso non hanno inteso aggredire.
Mentre per altro verso inammissibile, in quanto del tutto
estranea agli interessi della categoria ricorrente, risulta la
doglianza, secondo cui “coloro che attualmente sono iscritti ai
suddetti albi, e che sono in possesso del solo diploma
secondario, continueranno ad avere le stesse identiche
competenze professionali dei nuovi iscritti senza la necessità
di disporre di altro requisito formale” (pagg. 36 – 37 app.); e
ciò perché nessuna concreta ed effettiva lesione ne deriva alla
categoria stessa.
- 32 - N.R.G. 6369/2003
Quanto, infine, al vizio di “clamoroso eccesso di delega”,
pure formulato con il quarto profilo del motivo oggetto di
scrutinio, attinente soprattutto alla dedotta “creazione, da
parte del Governo, di nuove figure professionali” ( pag. 39 app.
), esso risulta parimenti inammissibile, oltre che, ancora una
volta, per la mancata evocazione in giudizio della categoria
controinteressata ( e ciò perché lo stesso appellante ivi
ammette di riferirsi “in particolare, alla figura del geometra
laureato” ), anche per la novità della censura, non formulata
in primo grado con il ricorso introduttivo.
4.3 – Venendo, infine, all’ultimo motivo di ricorso
proposto avverso il D.P.R. n. 328/01, relativo alla dedotta
violazione del riparto di competenze di cui alla legge
costituzionale n. 3/2001 ed alla pretesa incostituzionalità
della legge di “delega” ( n. 4/1999 ) del regolamento de quo,
esso, che pur resiste, almeno quanto al primo profilo,
all’eccezione di inammissibilità per tardività sollevata dal
Collegio dei Geologi resistente ( in quanto, a differenza di
quanto da questo prospettato, lo stesso risulta in primo grado
proposto con il primo atto di motivi aggiunti a séguito della
sopravvenuta legge costituzionale n. 3/2001, entrata in vigore
successivamente alla notifica del ricorso introduttivo ), si
appalesa infondato sotto entrambi i profili.
4.3.1 – La tesi dell’appellante ( secondo cui, a séguito
della modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione
introdotta con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, lo
- 33 - N.R.G. 6369/2003
Stato non può più disciplinare la materia delle professioni e
non è più titolare della relativa potestà regolamentare ), pur
evocando suggestivamente le ampie e complesse
problematiche che la detta legge costituzionale ha aperto
nell’àmbito del sistema delle fonti normative, non tiene conto,
invero, dell’ordinario cànone fondamentale di riscontro della
conformità delle norme rispetto a quelle di rango superiore,
ch’è quello del tempus regit actum, sì che la questione
dell’appartenenza o meno allo Stato della suddetta potestà
regolamentare in materia di disciplina dell’esame di Stato per
l’abilitazione professionale e conseguente iscrizione agli albi,
posta in rapporto alla dedotta illegittimità sotto tale profilo di
un atto emanato nell’esercizio di siffatta potestà, va risolta
sulla base delle norme del Titolo V della Costituzione in vigore
all’atto della emanazione del controverso D.P.R. n. 328/01;
norme, queste, antecedenti alla riforma invocata, sulla base
delle quali non si è mai dubitato, e non v’è qui alcun motivo
per mettere in discussione tale orientamento, che dovesse
ritenersi attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ed
alla connessa potestà regolamentare la materia dell’esame di
Stato in tutti i suoi aspetti.
Una volta così accertatane la legittima emanazione alla
stregua del Titolo V della Parte II della Costituzione vigente
anteriormente alla qui ratione temporis inapplicabile ed
irrilevante riforma recata dalla citata legge costituzionale n. 3
del 2001, la sorte del potere regolamentare così esercitato
- 34 - N.R.G. 6369/2003
discende poi dal principio di continuità, per cui restano in
vigore le norme preesistenti, stabilite in conformità al passato
quadro costituzionale, fino a quando non vengano sostituite
da nuove norme dettate dall'autorità dotata di competenza nel
nuovo sistema ( cfr. sentenze Corte costituzionale n. 13 del
1974 e n. 376 del 2002 ).
Valga comunque, ed in conclusione sul punto, ricordare
che successive manifestazioni di potestà regolamentare statale
in subiecta materia sono già state ritenute non in contrasto
con il sistema del “nuovo” art. 117 della Costituzione, anche
alla luce del sopravvenuto decreto legislativo n. 30 del 2006
emanato nelle mòre del presente giudizio nell’àmbito della
delega conferita dall’art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131,
cui la Corte costituzionale ha riconosciuto valore
interpretativo della riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione ( v. Cons. St., ad. gen., 13 marzo 2006, n. 3 ).
4.3.2 – Sotto il secondo profilo dedotto, relativo
all’àmbito della potestà regolamentare conferita dalla norma
primaria, va osservato, come del resto già rilevato nel parere
n. 118/2001 espresso dalla Sezione Consultiva per gli Atti
Normativi nell’adunanza del 21 maggio 2001 con riferimento
al regolamento in considerazione, che, se è vero che la
disposizione dell’art. 1, comma 18, della legge n. 4 del 1999
incide ( come del resto sopra già sottolineato ) sulla ordinaria
ripartizione di competenze normative tra Parlamento e
Governo in una materia dalle delicate implicazioni ( che
- 35 - N.R.G. 6369/2003
perviene a diritti costituzionalmente tutelati, anche con
apposite riserve di legge ), il regolamento stesso è stato
predisposto in conseguenza della riforma del diploma di
laurea, per adeguare le regole di accesso a quelle professioni,
per il cui esercizio l'ordinamento richiedeva il possesso di un
titolo di studio, che non trovava corrispondenza nei nuovi
corsi di laurea e nei nuovi titoli introdotti (laurea triennale e
laurea specialistica, articolate in diverse classi).
Sul presupposto di tale interpretazione della norma
primaria autorizzatoria del potere regolamentare di
delegificazione, il d.P.R. n. 328 del 2001 in questione ha
regolamentato in modo compiuto solo quelle professioni, per il
cui esercizio era richiesto dalla normativa vigente il requisito
del possesso del diploma di laurea, mentre, per alcune
professioni ( geometra, perito industriale, perito agrario e
agrotecnico, per le quali la legislazione vigente non richiedeva
il diploma di laurea ), ha bensì previsto di aggiungere "in
parallelo e in alternativa" anche tale requisito, ma al solo fine
di consentire la libera circolazione in Europa dei professionisti
laureati, senza richiedere il suddetto requisito come
condizione necessaria e senza diversificare i contenuti della
professione in relazione al possesso o meno del diploma di
laurea: soluzione che può ritenersi rientrare nell'ambito della
"delega", perché ha mantenuto per quelle professioni i canali
vigenti di accesso e non ha comportato neppure modifiche
delle prove d'esame (Cons. St., ad. gen., n. 3/2006, cit.).
- 36 - N.R.G. 6369/2003
Ciò posto, i criterii direttivi fissati alle lettere a), b) e c)
del comma 18 in argomento, che autorizza il ricorso al
regolamento di delegificazione di cui si tratta, non appaiono
connotati dalla genericità lamentata dall’appellante,
delineando essi invece con precisione gli interventi riformatori
possibili con il regolamento stesso (solo quelli consequenziali
alla riforma del diploma di laurea) e non consentendo, quindi,
una indistinta e generalizzata riforma dell’accesso alle
professioni, che avrebbe sì posto con forza il problema della
legittimità del passo indietro compiuto dal legislatore con la
previsione di delegificazione.
Tràttasi, peraltro, di criterii, che appaiono del tutto in
armonia con il disegno, che aveva già ispirato la riforma
universitaria ( tenuto conto soprattutto del fatto che, in
conseguenza della stessa, venivano peraltro ad essere
sconvolte le régole di accesso a quelle professioni, per il cui
esercizio l’ordinamento imponeva il superamento di un esame
di Stato, basato sul possesso di determinati titoli di studio,
che – dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema – potevano
non trovare corrispondenza con i nuovi corsi di laurea e con i
nuovi titoli introdotti ), tendendo a coniugare le esigenze di
autonomia, e quindi di possibile differenziazione delle
Università, con quelle di verifica delle effettive capacità
necessarie ai fini del conseguimento dell’abilitazione
all’esercizio delle attività professionali; e che appaiono
sufficientemente dettagliati e congrui anche laddove
- 37 - N.R.G. 6369/2003
prescrivono altresì la necessità di indicare i raccordi tra la
istituzione di apposite sezioni degli albi, ordini o collegi in
relazione agli ambiti di cui alla lettera a) con la più generale
organizzazione dei predetti albi, ordini o collegi, così
riferendosi coerentemente ai necessarii, conseguenti, raccordi
nell’àmbito dello stesso Albo.
Da quanto sopra considerato risulta dunque evidente la
manifesta infondatezza della prospettata questione di
costituzionalità della “delega” contenuta nel già citato art. 1,
comma 18, della legge n. 4 del 1999.
5. – In conclusione, l’appello va respinto, anche,
peraltro, quanto ai motivi ( di illegittimità derivata )
corrispondenti ai motivi aggiunti rivolti in primo grado avverso
l’Ordinanza ministeriale di indizione del nuovo esame di Stato.
Vanno, invece, dichiarati inammissibili i motivi in
appello proposti in relazione a profili di illegittimità propria
dell’Ordinanza stessa, perché privi del requisito della
“specificità”, essendosi il ricorrente limitato, sul punto, a
riproporre le censùre enucleate nel secondo atto di motivi
aggiunti di primo grado, respinte dal T.A.R.
Pur essendo, infatti, l’appello un rimedio a critica libera
(nel senso che può essere con esso dedotta qualsiasi censura,
sia di rito che di mérito), è tuttavia necessario che vi sia in
esso una critica alla sentenza di primo grado: i motivi di
appello devono, pertanto, essere specifici, ed un tale requisito
non può certo ravvisarsi nella mera doglianza, appunto
- 38 - N.R.G. 6369/2003
formulata con l’atto all’esame, secondo cui le censùre di primo
grado, qui riproposte pari pari, sarebbero state “respinte in
maniera molto laconica dal TAR” ( pag. 46 app. ).
In particolare, secondo l’orientamento prevalente e più
recente della giurisprudenza di questo Consiglio ( sez. VI, 21
febbraio 2006, n. 705 e 29 luglio 2008, n. 3786; sez. V, 29
maggio 1999, n. 81 ), che il Collegio condivide, la parte già
ricorrente in prime cure non si può limitare a riproporre i
motivi del ricorso di primo grado senza articolare puntuali
censùre avverso la sentenza, che, nel caso di specie, se pure
con sintetica motivazione, ha puntualmente preso in esame e
respinto i motivi aggiunti de quibus; sì che la parte era tenuta
a formulare specifiche critiche contro i capi di sentenza, che
tali motivi hanno respinto, che non possono certo limitarsi
alla pretesa laconicità della relativa motivazione.
Deve, pertanto, ritenersi inammissibile l’appello fondato
sulla semplice riesposizione delle censùre svolte in primo
grado, senza specifica e concreta impugnativa dei diversi capi
della sentenza gravata, atteso che l’appello ha carattere
impugnatorio, sicché le censure in esso contenute devono
investire puntualmente il decisum di primo grado e, in
particolare, precisare i motivi, per i quali la decisione
impugnata sarebbe erronea e da riformare; motivi, si ripete,
nel caso all’esame del tutto assenti, quanto ai dedotti vizii
proprii dell’ordinanza ministeriale pure oggetto del giudizio.
- 39 - N.R.G. 6369/2003
6. - Spese ed onorarii del grado di giudizio, liquidati
nella misura indicata in dispositivo, séguono, come di régola,
la soccombenza.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV -
definitivamente decidendo sul ricorso in appello indicato in
epigrafe, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara
inammissibile e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata,
nei sensi di cui in motivazione.
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del
grado, liquidandole in Euro 4.000,00=, in favore di ciascuno
degli appellati costituiti ed in Euro 2.000,00= in favore di
ciascuno degli interventori, oltre accessori di legge, per un
totale di Euro 26.000,00; nulla per le spese nei confronti
dell’Ente di Previdenza dei Periti Industriali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 27 gennaio 2009, dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta –
riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti
Magistrati:
Luigi COSSU - Presidente
Armando POZZI - Consigliere
Anna LEONI - Consigliere
Bruno MOLLICA - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere, est.
- 40 - N.R.G. 6369/2003
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Salvatore Cacace Luigi Cossu
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
Depositata in Segreteria
Il123/3/2009
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Per il / Il Dirigente
Dott. Giuseppe Testa
- 41 - N.R.G. 6369/2003
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