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SENTENZA A FAVORE DEGLI IUNIOR

  • Messaggi
  • !!Carletto!!
    Utente Anonimo
    00 13/03/2009 16:39
    RESPINTO L'ANNULLAMENTO DEL DPR 380/01
    ingegnereiunior.files.wordpress.com/2009/03/cds_200901473_se...
  • !!Carletto!!
    Utente Anonimo
    00 13/03/2009 16:42
    R E P U B B L I C A I T A L I A N A
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
    Quarta) ha pronunciato la seguente
    D E C I S I O N E
    sul ricorso in appello n. 6369/03, proposto dal
    CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI, in persona del
    Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avv.to Mario
    Sanino ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello
    stesso, in Roma, viale Parioli n. 180;
    contro
    il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
    scientifica, il Ministero della Giustizia, la Presidenza del
    Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali
    rappresentanti in carica, ex lege rappresentati e difesi
    dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli
    ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
    e nei confronti di
    - Consiglio Nazionale dei Geologi, in persona del legale
    rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti
    Anna Lagonegro e Claudio Romano, presso lo studio degli
    stessi elettivamente domiciliato in Roma, via Boezio n. 92;
    N.1473/2009
    Reg. Dec.
    N. 6369 Reg. Ric.
    Anno 2003
    - Consiglio Nazionale dei Geometri, in persona del legale
    rappresentante in carica, rappresentato e difeso prima
    dall’avv. Sergio Panunzio e poi, a séguito del decesso di questi,
    dall’avv. Salvatore Alberto Romano e da ultimo elettivamente
    domiciliato presso lo studio dell’avv. Salvatore Alberto Romano
    in Roma, viale XXI aprile n. 11;
    - Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti
    Industriali Laureati, in persona del legale rappresentante in
    carica, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Fauceglia ed
    elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giuseppe
    Torre, in Roma, via Crescenzio n. 19;
    - Associazione D.U.E.L. (Diplomati e Diplomandi in
    Edilizia e Laureati), in persona del legale rappresentante in
    carica, rappresentata e difesa dall’avv. Sabato Pisapia ed
    elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Emanuele
    Testaferrata, in Roma, via della Giuliana n. 80;
    - Ente di Previdenza dei Periti Industriali, in persona del
    legale rappresentante in carica, non costituitosi in giudizio;
    e con l’intervento ad opponendum di
    - Associazione FederIngegneri Sicilia, in persona del
    legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa
    dall’avv. Giovanni Maniscalco Basile ed elettivamente
    domiciliata presso lo studio dello stesso, in Roma, via Reggio
    Emilia n. 29;
    - C.U.P. 3 ( Coordinamento Universitari e Professionisti
    triennali ), in persona del legale rappresentante in carica,
    - 2 - N.R.G. 6369/2003
    rappresentato e difeso dagli avv.ti Sabato Pisapia e Domenico
    Tomassetti ed elettivamente domiciliato, da ultimo, presso lo
    studio del secondo, in Roma, via Giovanni Pierluigi da
    Palestrina n. 19;
    - Sindacato Nazionale Ingegneri Iuniores e Architetti
    Iuniores (SIND.IN.AR. 3), in persona del legale rappresentante
    in carica, rappresentato e difeso dall’avv.to Domenico
    Tomassetti ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello
    stesso, in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;
    per l’annullamento
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
    per il Lazio, Sez. I, n. 1791/2003.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio
    Nazionale dei Geologi, del Consiglio Nazionale dei Geometri,
    del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti
    Industriali Laureati e dell’Associazione D.U.E.L., nonché delle
    Amministrazioni statali appellate;
    Visti gli atti di intervento ad opponendum
    dell’Associazione FederIngegneri Sicilia, di C.U.P. 3
    (Coordinamento Universitari e Professionisti triennali) e di
    SIND.IN.AR. 3 (Sindacato Nazionale Ingegneri Iuniores e
    Architetti Iuniores);
    Viste le memorie prodotte dal Consiglio Nazionale dei
    Geometri, dal Consiglio Nazionale dei Geologi e dalle
    Amministrazioni appellate a sostegno delle loro difese;
    - 3 - N.R.G. 6369/2003
    Vista la decisione interlocutoria n. 2157/2008;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore, alla pubblica udienza del 27 gennaio 2009, il
    Consigliere Salvatore Cacace e uditi l'avv. Mario Sanino per
    l’appellante, l’avv. dello Stato Cristina Gerardis per le
    Amministrazioni appellate, l’Avv. Anna Lagonegro per il
    Consiglio Nazionale dei Geologi, l’avv. Laura Rainaldi, in
    sostituzione dell’avv. Salvatore Alberto Romano, per il
    Consiglio Nazionale dei Geometri, l’avv. Domenico Tomassetti
    per C.U.P. 3 e per SIND.IN.AR. 3 e l’avv. Giovanni Maniscalco
    Basile per l’Associazione FederIngegneri Sicilia;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
    F A T T O
    1. – Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri impugnava,
    avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il
    D.P.R. n. 328/2001, emanato in attuazione dell’art. 1, comma
    18, della legge n. 4/1999 ( modificata dall’art. 67, comma 4,
    della legge n. 370/99 ), che aveva previsto che, con uno o più
    regolamenti, fosse integrata e modificata la disciplina degli
    ordinamenti professionali, per i quali fosse previsto l’obbligo
    dell’esame di Stato, allo scopo di accogliere, con l’istituzione di
    nuove sezioni, i laureati di I livello.
    In particolare, si censuravano, con due motivi di ricorso:
    a) la mancanza di contraddittorio tra il Ministero e gli
    Ordini e Consigli Nazionali interessati, nonché uno
    - 4 - N.R.G. 6369/2003
    “scollegamento” tra i varii componenti del gruppo di lavoro
    deputato a redigere il regolamento;
    b) l’illogicità, incompletezza e difformità tra l’elencazione
    delle attività previste dal titolo II del D.P.R. 328/2001 e quella
    degli attuali ordinamenti professionali; la disomogeneità tra gli
    obiettivi formativi qualificanti delle diverse lauree e lauree
    specialistiche desumibili dai decreti d’area citati e le
    competenze professionali riconosciute come accessibili
    attraverso l’iscrizione alle sezioni ed ai settori dei vari albi; la
    difformità e la disparità di trattamento tra la strutturazione
    degli albi il cui accesso è consentito a laureati e laureati
    specialistici e quella degli albi il cui accesso è consentito a
    soggetti dotati di diploma di scuola secondaria superiore ( albi
    degli agrotecnici, geometri, periti agrari e periti industriali );
    confusione e perplessità nella individuazione dei confini di
    competenza tra professioni tecniche “attigue”.
    Con successivi motivi aggiunti veniva contestata la
    violazione della legge costituzionale n. 3/2001.
    Con ulteriori motivi aggiunti veniva altresì impugnata
    l’ordinanza ministeriale in data 12 marzo 2002, di indizione
    degli esami di Stato per il 2002, deducendone vizii di
    illegittimità sia derivata ( perché adottata sulla scorta ed in
    applicazione del già contestato D.P.R. n. 328/01 ), sia propria
    ( per non aver il Ministero emanante previsto più Commissioni
    d’esame per ogni sede e per ogni settore individuato dal
    regolamento, e per non avere specificato la ripartizione delle
    - 5 - N.R.G. 6369/2003
    competenze delle Commissioni rispetto alle diverse Sezioni
    dell’Albo, cui l’esame dà accesso ).
    2. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
    sez. I, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva il
    ricorso, ritenendo in via preliminare che la regola di carattere
    generale prevista dall’art. 1, comma 2, del regolamento ( “Le
    norme contenute nel presente regolamento non modificano
    l’ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività
    attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna
    professione” ) fungesse da chiave interpretativa di tutte le
    norme particolari contenute nel provvedimento.
    Reputava, poi, che la censura di omessa partecipazione
    dei consigli nazionali degli ordini interessati e di redazione
    confusa e scoordinata del testo fosse infondata, rilevando,
    quanto al primo aspetto, che “dalle premesse del
    provvedimento risulta chiaramente che gli ordini e i collegi
    professionali sono stati sentiti” e, quanto al secondo, che non
    fosse “suffragato da prove di alcun genere” l’assunto circa la
    mancata piena attività collegiale nella redazione dell’atto
    impugnato.
    Anche quanto alle plurime censùre del secondo motivo
    di ricorso ( asserita mancanza di garanzie in capo ai soggetti
    iscritti all’Albo antecedentemente alla riforma, utilizzo del
    termine “iunior” per identificare gli iscritti nella sezione “B”
    dell’Albo, mancanza di contiguità fra gli iscritti nelle due
    - 6 - N.R.G. 6369/2003
    distinte sezioni “A” e “B” ), il T.A.R. ne affermava
    l’infondatezza.
    Pure infondato veniva ritenuto il motivo aggiunto di
    ricorso, “che censura di illegittimità costituzionale la legge n. 4
    del 1999 … e ciò per più motivi: innanzitutto perché la legge
    n. 4 del 1999 è antecedente alla riforma costituzionale, poi,
    perché la normativa in esame presenta sicuramente aspetti di
    carattere generale, in considerazione del fatto che trattasi di
    una riforma generale delle professioni che non può che essere
    uguale per tutto il territorio nazionale, ed infine perché,
    quand’anche la materia fosse di competenza delle regioni,
    occorrerebbe comunque attendere un provvedimento di queste
    ultime, in attesa del quale non può che valere la normativa
    statale previgente ( la cui scaturigine è del 1999, precedente
    alla riforma costituzionale )”: pag. 10 della sentenza.
    Quanto, poi, ai motivi aggiunti diretti contro la
    successiva ordinanza ministeriale, si affermava che “le
    censure di illegittimità derivata seguono la sorte di quelle
    attinenti all’impugnazione del d.P.R. n. 328 del 2001”, mentre
    “le censure che si dirigono autonomamente contro l’ordinanza
    ministeriale che indice la sessione di abilitazione per il 2002,
    derivano la loro infondatezza dal fatto che non è necessario
    prevedere più commissioni per ciascuna sede (ciò è solo
    consigliabile per motivi di opportunità), che risulta indicata
    nell’ordinanza e la necessità della dichiarazione del titolo di
    studio posseduto e del settore per il quale i candidati chiedono
    - 7 - N.R.G. 6369/2003
    di partecipare all’esame di abilitazione, ed infine perché non è
    necessaria nella specie la partecipazione degli ordini
    professionali” ( pagg. 10 – 11 sent. ).
    3. – Il Consiglio professionale, originario ricorrente, ha
    appellato la indicata sentenza, deducendo i seguenti motivi:
    3.1 – Non correttezza della decisione sul primo motivo di
    ricorso, non essendo stati gli interessati “posti in grado di
    verificare, nel corso del procedimento, se le proprie
    osservazioni siano state o meno valutate” (pag. 10 app.) e che
    “il regolamento è frutto di un lavoro scoordinato, a più mani,
    privo di alcun collegamento con la realtà delle professioni,
    appunto ignorata” ( pag. 11 app. );
    3.2 – Omessa o parziale pronuncia, da parte del T.A.R.,
    sui denunciati “molteplici vizi”, di cui al secondo motivo di
    ricorso:
    a) sulle competenze professionali;
    b) sul termine “junior”;
    c) su disomogeneità tra gli obiettivi formativi qualificanti
    delle diverse lauree e lauree specialistiche desumibili dai
    decreti d’area citati, e le competenze professionali riconosciute
    come accessibili attraverso l’iscrizione alle sezioni ed ai settori
    dei vari albi;
    d) su difformità e disparità di trattamento tra la
    strutturazione degli albi il cui accesso è consentito a laureati e
    laureati specialistici e quella degli albi il cui accesso è
    consentito a soggetti dotati di diploma di scuola secondaria
    - 8 - N.R.G. 6369/2003
    superiore ( albi degli agrotecnici, geometri, periti agrari e periti
    industriali );
    e) su confusione e perplessità nella individuazione dei
    confini di competenza tra professioni tecniche “attigue”;
    3.3 – Erroneo rigetto del motivo relativo alla intervenuta
    violazione della legge costituzionale n. 3/2001, censurandosi il
    contrasto “con i nuovi precetti costituzionali” dell’assetto
    “normativo della regolamentazione della materia dell’accesso
    alle professioni e delle relative competenze professionali
    disposto con il DPR impugnato”, nonché l’illegittimità
    costituzionale della legge delega, “che delegifica la materia
    demandandone la regolamentazione – sulla scorta di criteri
    alquanto generici che di fatto svuotano la portata
    dell’intervento parlamentare – ad una fonte regolamentare”
    (pag. 45 app. );
    3.4 – Vengono infine ribadite le censùre proposte
    avverso l’ordinanza ministeriale, che ha introdotto per la
    prima volta la sessione di esami di abilitazione in base al
    D.P.R. n. 328/01.
    4. – Si sono costituiti in giudizio, per resistere, il
    Consiglio Nazionale dei Geologi, quello dei Geometri, quello dei
    Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, nonché
    l’Associazione D.U.E.L.
    Tutti hanno eccepito l’inammissibilità, e comunque
    l’infondatezza, dei motivi di appello.
    - 9 - N.R.G. 6369/2003
    Il primo ed il terzo hanno specificamente eccepito, in
    particolare, l’inammissibilità del ricorso di primo grado per
    mancata notifica ai controinteressati, mentre solo il primo ha
    sollevato analoga eccezione per carenza di legittimazione ed
    interesse a ricorrere del Consiglio Nazionale degli Ingegneri in
    relazione alla domanda di annullamento in toto del D.P.R. n.
    328/01.
    Sono intervenuti ad opponendum, analiticamente
    illustrando anche con successive memorie le rispettive tesi
    opposte a quelle dell’atto di appello, l’Associazione
    FederIngegneri Sicilia, il C.U.P. 3 ( Coordinamento Universitari
    e Professionisti triennali ) ed il Sindacato Nazionale Ingegneri
    Iuniores e Architetti Iuniores (SIND.IN.AR. 3).
    Si sono pure costituiti in giudizio il Ministero
    dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, il
    Ministero della Giustizia e la Presidenza del Consiglio dei
    Ministri.
    Con memorie in data 2 aprile 2008, 23 ottobre 2008 e
    15 gennaio 2009, il Consiglio Nazionale dei Geometri ha
    ribadito “l’inammissibilità e la radicale infondatezza” delle
    censùre proposte dall’appellante.
    Con memorie in data 30 ottobre 2008 e 16 gennaio 2009
    il Consiglio Nazionale dei Geologi ha articolatamente illustrato
    le sue richieste di declaratoria di inammissibilità ed
    improcedibilità del ricorso di primo grado.
    - 10 - N.R.G. 6369/2003
    Le Amministrazioni appellate, con memoria in data 26
    novembre 2008, hanno chiesto la reiezione dell’appello,
    all’uopo richiamando le difese formulate in prime cure.
    Con decisione interlocutoria n. 2157/2008, la Sezione,
    ai fini della necessaria valutazione preliminare delle eccezioni
    di inammissibilità del ricorso di primo grado ( sollevate dai
    resistenti Consiglio Nazionale dei Geologi e Consiglio
    Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati
    in relazione alla omessa notificazione dello stesso ai
    controinteressati Ordini e collegi professionali e solo dal primo
    quanto alla carenza di legittimazione dell’Ordine ricorrente a
    chiedere l’annullamento in toto del D.P.R. n. 328/01 ), nonché
    ai fini dell’eventuale, successivo, esame nel mérito del
    gravame, riteneva necessario acquisire:
    a) copia del ricorso di primo grado ( non presente nel
    fascicolo d’ufficio trasmesso dal T.A.R. ai sensi del primo
    periodo del comma 8 dell’art. 23 della legge 6 dicembre 1971,
    n. 1034 ), munita degli estremi delle relate di notifica;
    b) copia del primo atto di motivi aggiunti di primo
    grado (non presente nel fascicolo d’ufficio trasmesso dal T.A.R.
    ai sensi del primo periodo del comma 8 dell’art. 23 della legge
    6 dicembre 1971, n. 1034), munita degli estremi delle relate di
    notifica;
    c) relazione illustrativa dello schema di regolamento
    poi emanato con il D.P.R. n. 328 del 2001, con particolare
    riguardo al capo relativo alla professione di ingegnere.
    - 11 - N.R.G. 6369/2003
    A detti adempimenti istruttòrii hanno ottemperato in
    parte la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
    successivamente, in due riprese, parte appellante.
    5. – La causa è stata nuovamente chiamata e trattenuta
    in decisione all’udienza pubblica del 27 gennaio 2009.
    D I R I T T O
    1. Viene all’attenzione del Collegio, per quanto più
    specificamente riguarda la categoria degli ingegneri, la riforma
    dell’accesso agli albi delle professioni regolamentate operata
    con il D.P.R. n. 328 del 2001, emanato in attuazione dell’art.
    1, comma 18, della legge n. 4/1999 ( modificata dall’art. 67,
    comma 4, della legge n. 370/99 ), che aveva previsto che, con
    uno o più regolamenti, fosse integrata e modificata la
    disciplina degli ordinamenti professionali, per i quali fosse
    previsto l’obbligo dell’esame di Stato, allo scopo di accogliere,
    con l’istituzione di nuove sezioni, i laureati di I livello.
    2. - Va, preliminarmente, disattesa, nei términi che
    seguono, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo
    grado sollevata dai resistenti Consiglio Nazionale dei Geologi e
    Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e Periti Industriali
    Laureati in relazione alla omessa notificazione dello stesso ai
    controinteressati Ordini e collegi professionali, e solo dal
    primo quanto alla carenza di legittimazione dell’Ordine
    ricorrente a chiedere l’annullamento in toto del D.P.R. n.
    328/01.
    - 12 - N.R.G. 6369/2003
    Premesso, invero, che ogni ordine professionale è
    legittimato a ricorrere per la difesa degli interessi di categoria
    dei soggetti di cui ha la rappresentanza istituzionale ogni
    qualvolta si tratti di agire a tutela della professione stessa o di
    attribuzioni proprie dei professionisti ovvero ancora quando
    bisogna perseguire vantaggi strumentali giuridicamente
    riferibili alla sfera categoriale ( v. C.d.S., sez. V, 30 gennaio
    2002, n. 505 ), deve rilevarsi come il regolamento oggetto del
    giudizio ( che l’istruttoria eseguita ha consentito di appurare
    esser stato impugnato dall’odierno appellante con il ricorso
    originario e con un primo atto di motivi aggiunti notificati
    entrambi tempestivamente alle sole Amministrazioni qui
    appellate ) non possa che intendersi impugnato nella misura e
    nella parte in cui è asseritamente lesivo per il Consiglio
    ricorrente e dunque laddove reca “modifiche e integrazioni
    della disciplina dei requisiti e delle relative prove per l’esercizio
    di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi
    ordinamenti … segnatamente per la professione di ingegnere”
    (così, testualmente, l’epigrafe del ricorso di primo grado).
    Risulta evidente, da un lato, l’indubbia sussistenza
    dell’interesse dell’Ordine stesso a scongiurare gli effetti lesivi
    attuali asseritamente derivanti all’àmbito professionale della
    categoria degli ingegneri (anche nell’ipotesi in cui possa
    configurarsi un ipotetico conflitto di interessi tra ordine
    professionale e singoli professionisti in qualche modo
    beneficiarii dell’atto impugnato, che l’ordine assuma invece
    - 13 - N.R.G. 6369/2003
    essere lesivo dell’interesse istituzionalizzato della categoria:
    Cons. St., V, 7 marzo 2001, n. 1339 e 3 giugno 1996, n. 624)
    dagli atti impugnati (fermo restando che le relative censùre
    sono scrutinabili solo nella misura in cui esse siano
    ricollegabili all’interesse della categoria professionale
    rappresentata dal Consiglio ricorrente e dunque prospettino
    quanto meno una concreta lesione delle prerogative dei
    predetti professionisti derivante dagli atti stessi); dall’altro
    l’insussistenza, almeno in astratto, di una posizione di
    controinteresse in capo ai Collegi ed ordini resistenti, che sono
    in grado di vedere lesa la loro posizione giuridica da un
    eventuale accoglimento del ricorso originario, solo nella
    misura in cui esso travalichi lo stretto àmbito
    dell’ordinamento professionale degli ingegneri, sì che la
    verifica circa la sussistenza o meno di una siffatta posizione
    andrà compiuta in relazione alle singole censùre di appello
    (ove corrispondenti alle doglianze di primo grado, sulle quali
    incontestatamente il contraddittorio è stato instaurato, quanto
    all’impugnazione del D.P.R. n. 328/2001, con le sole
    Amministrazioni odierne appellate), con conseguente effetto di
    inammissibilità delle censùre medesime laddove la lesione con
    ciascuna dedotta scaturisca da effetti, derivanti dagli atti
    oggetto del giudizio, almeno asseritamente riduttivi della
    competenza degli ingegneri a vantaggio di diverse competenze
    professionali, ovvero dal lamentato ampliamento della sfera e
    delle attribuzioni di altri professionisti, ovvero, ancora, da
    - 14 - N.R.G. 6369/2003
    affermate differenze ordinamentali tra la categoria degli
    ingegneri ed altra od altre categorie, che queste ultime
    potrebbero avere l’interesse a difendere.
    3. – Così delimitato l’oggetto del giudizio, giova, in
    mérito all’impianto generale del D.P.R. n. 328 del 2001 in
    considerazione ( con il quale si è proceduto alla modifica
    dell’ordinamento di alcune professioni liberali - tra cui quella
    di ingegnere - derivante dalla necessità dell’inserimento nei
    relativi albi dei nuovi laureati triennali ), ricordare come l’art.
    1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, come
    modificata dall’art. 6, comma 4 della l. 19 ottobre 1999 n.
    370, avesse previsto l’emanazione, su proposta del Ministro
    dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di
    concerto con il Ministero della Giustizia, di uno o più
    regolamenti, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n.
    400/88, che, con riferimento alle attività professionali per il
    cui esercizio la normativa vigente già prevedeva l’obbligo
    dell’esame di Stato, modificassero ed integrassero la disciplina
    del relativo ordinamento dei connessi albi, ordini o collegi,
    nonché dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle
    relative prove.
    Il potere regolamentare attribuito dalla citata
    disposizione era finalizzato ad una modifica della normativa
    vigente in materia di ordini professionali e dei relativi esami di
    Stato, che tenesse conto dei titoli istituiti in applicazione
    - 15 - N.R.G. 6369/2003
    dell’art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e
    successive modificazioni.
    A sua volta, l’art. 17 citato aveva attribuito autonomia
    didattica alle Università, prevedendo che l’ordinamento degli
    studi dei corsi universitarii fosse disciplinato dagli atenei nel
    rispetto dei principii generali definiti con uno o più decreti del
    Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica.
    In attuazione di tale disposizione, il decreto n. 509/99
    “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia
    didattica degli atenei” definiva la struttura dei nuovi corsi di
    laurea articolati su due livelli.
    Con successivi decreti ministeriali in data 4 agosto 2000
    e 28 novembre 2000, venivano poi individuate,
    rispettivamente, le classi di laurea e le classi di laurea
    specialistica, e ne venivano definiti obiettivi formativi e crediti
    formativi relativi.
    Con il Regolamento di cui al D.P.R. n. 328/01 si
    provvedeva, poi, ad adeguare alla nuova struttura
    dell’ordinamento degli studi universitarii lo sbocco
    professionale rappresentato dall’iscrizione agli albi delle
    professioni regolamentate, stabilendo la necessaria
    correlazione tra requisiti per l’accesso all’esame di Stato
    previsto dalla normativa vigente per ciascuna professione e
    nuovi titoli di studio.
    Il Regolamento interveniva, così, sui caratteri tipici delle
    professioni ( iscrizione ad un albo, superamento – ove già
    - 16 - N.R.G. 6369/2003
    previsto – di un esame di abilitazione al términe di un corso di
    studii, individuazione delle figure professionali con i relativi
    profili ed ordinamenti didattici ), programmaticamente
    enunciando, al comma 2 dell’art. 1, nell’identificare il campo
    di applicazione del decreto, il principio, secondo cui “le norme
    contenute nel presente regolamento non modificano l'àmbito
    stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività
    attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna
    professione”.
    Per quel che interessa la professione di ingegnere, per
    cui è causa, il Regolamento procedeva, in particolare, ad
    alcune importanti innovazioni, prevedendo in specie:
    a)due distinte figure professionali: ingegnere ed
    ingegnere iunior;
    b) l’articolazione dell’albo in due sezioni A e B,
    rispettivamente per gli ingegneri e gli ingegneri iuniores;
    c)l’istituzione di tre settori nell’àmbito dell’albo,
    rispettivamente dell’ingegneria civile e ambientale,
    dell’ingegneria industriale e dell’ingegneria dell’informazione,
    in relazione alla esigenza di suddividere l’àmbito dell’attività
    professionale, fortemente ampliato per effetto dello sviluppo
    teconologico. I settori individuano ambiti di attività che
    accorpano a loro volta più specializzazioni. Tale suddivisione è
    in linea con quanto è stato attuato negli altri Paesi europei;
    d) una ripartizione delle attività professionali
    attualmente attribuite agli ingegneri, individuando quale
    - 17 - N.R.G. 6369/2003
    criterio di ripartizione quello relativo all’uso di metodologie
    avanzate od innovative per gli iscritti alla sezione A ed all’uso
    di metodologie standardizzate per gli iscritti alla sezione B;
    sono state inoltre individuate, a titolo esemplificativo e non
    tassativo, le attività maggiorente caratterizzanti la professione,
    con particolare riferimento alle competenze che più
    frequentemente sono state oggetto di contenzioso;
    e)l’accesso alle sezioni dell’albo previo superamento di
    appositi esami di Stato, ai quali si è ammessi rispettivamente
    con il possesso delle lauree specialistiche e delle lauree,
    individuate con i dd.mm. 28 novembre 2000 e 4 agosto 2000,
    in relazione agli obiettivi formativi qualificanti dalle stesse
    assicurati;
    f) la definizione delle prove e delle materie degli esami di
    Stato in coerenza con le attività professionali indicate per
    ciascuna sezione e ciascun settore.
    Occorre, ancora, ricordare come, sullo schema di
    Regolamento, si fosse espresso, come previsto, il Consiglio di
    Stato - Sezione consultiva per gli atti normativi, con parere
    espresso nell’Adunanza del 21 maggio 2001, che, nella parte
    relativa al titolo professionale da riconoscersi agli iscritti alla
    sezione “B” dell’Albo, in relazione all’ipotesi di “aggiungere
    l’aggettivo junior al titolo usato per gli iscritti nella sezione A”,
    per quanto qui interessa, così argomentava: “una soluzione
    del genere lascia piuttosto perplessi, in quanto - nell’uso
    comune – l’appellativo junior, serve normalmente a
    - 18 - N.R.G. 6369/2003
    distinguere, nell’ambito di una stessa classe, livelli di
    anzianità progressivi ai quali corrisponde una diversa
    esperienza professionale. Non è certamente questo il caso che
    ne occupa, in cui la suddivisione in livelli, presuppone una
    diversa preparazione ( e non esperienza ) professionale, senza
    tener conto che – sempre restando nell’uso comune, che pure
    è importante in quanto il titolo serve a determinare
    l’affidamento del terzo che ha bisogno di uno specialista … -
    l’aggettivo junior, sicuramente abbreviato in “jr”, finirà col
    perdere qualsiasi rilevanza ai fini di quella distinzione di livelli
    che pure si vuole mantenere. Sembra quindi preferibile, pur
    con tutte le conseguenze indicate nella relazione,l impiegare in
    casi del genere l’espressione tecnico di …”.
    4. – Ciò posto, una volta rilevata, nei sensi di cui
    sopra, l’ammissibilità del ricorso originario e quindi
    dell’appello, i motivi di gravame vanno respinti in quanto
    infondati, ovvero dichiarati inammissibili, nei términi di cui
    appresso.
    4.1 – Non sussistono, anzitutto, la lamentata violazione
    dei principii dell’ordinamento in materia di partecipazione
    degli interessati al procedimento, né la denunciata
    “confusione e perplessità” dell’atto nelle sue varie parti.
    4.1.1 – Rileva in proposito il Collegio che,
    contrariamente a quanto affermato dall’appellante, il
    coinvolgimento degli interessati durante la fase istruttoria è
    stato ampio e conforme a quanto prescritto dalla delega, che,
    - 19 - N.R.G. 6369/2003
    nell’usare la formula “sentiti gli organi direttivi degli ordini
    professionali”, lungi dal prevedere un parere in qualche modo
    vincolante di questi ( dovendo il legislatore disciplinare una
    così complessa materia senza subire i condizionamenti
    derivanti dagli interessi delle diverse categorie, peraltro spesso
    in contrasto tra loro ) od un contraddittorio “continuo” con le
    categorie stesse sui singoli aspetti dell’articolata riforma in
    relazione allo stato d’avanzamento dei lavori di redazione,
    consente ad esse di esprimere posizioni motivate nelle varie
    fasi dell’istruttoria, senza che peraltro in alcun modo ne nasca
    il preteso obbligo dell’Amministrazione di motivare sull’ésito di
    detti apporti procedimentali, tenuto in particolare conto della
    natura della potestà ( normativa ) esercitata in tale fattispecie
    dall’Amministrazione stessa in attuazione del provvedimento
    legislativo di delegificazione.
    Tale possibilità risulta in concreto esser stata data (e
    fruita) dagli ordini e collegi interessati ( ivi compreso quello
    nazionale degli ingegneri ), la cui partecipazione è stata di
    fatto estesa, sì da consentire loro di fornire
    all’Amministrazione procedente l’indicazione concreta, sia in
    una fase iniziale in mérito al contenuto del predisponendo
    regolamento, sia in uno stadio più avanzato del procedimento
    in relazione allo schema di regolamento predisposto, delle
    proprie valutazioni e proposte, quali utili contributi
    all’elaborazione del complesso nuovo ordito normativo.
    - 20 - N.R.G. 6369/2003
    Su tale già sufficiente impianto di base del sistema di
    coinvolgimento degli ordini professionali si sono peraltro
    innestati audizioni, incontri plenarii ed una fitta
    corrispondenza ( della quale dà correttamente conto la
    sentenza impugnata ), alla luce dei quali la censura all’esame
    appare del tutto priva di pregio.
    4.1.2 – Anche il prospettato vizio dell’istruttoria si rivela
    insussistente.
    Infatti, risulta dagli atti che, per la predisposizione dei
    regolamenti attuativi del predetto comma 18, è stato istituito
    presso il Ministero dell’Università un gruppo di lavoro, con il
    còmpito primario di approfondire le problematiche dell’accesso
    alle professioni nel quadro normativo delineato dalla riforma
    dell’ordinamento degli studi universitari e dalle direttive
    europee.
    E’ pur vero, e risponde anzi ad ineludibili principii di
    logica e di efficienza dell’attività amministrativa, che, per la
    complessità e la vastità della materia oggetto di tale lavoro di
    gruppo, l’attività istruttoria è stata ripartita fra i vari
    componenti del gruppo, ma la stessa, peraltro preceduta
    dall’individuazione di direttive di base da parte del presidente
    della Commissione, è stata ricondotta a sapiente unità prima
    con una relazione del gruppo al Ministro, poi con un incontro
    al CUP da questo convocato ( nel corso del quale ordini e
    collegi professionali sono stati invitati a formulare proposte ),
    ancòra con successivi numerosi incontri con ordini e collegi ed
    - 21 - N.R.G. 6369/2003
    infine con una bozza dello schema di regolamento, anch’essa
    peraltro sottoposta all’esame di ciascun ordine professionale,
    che, nella sua versione definitiva poi emanata, se
    indubbiamente rivela qualche disarticolazione tra le
    disposizioni di carattere generale e quelle riguardanti le
    singole professioni, comunque egregiamente riconduce ad
    omogeneità di regolamentazione sul piano giuridico,
    puntualmente adempiendo all’oggetto della “delega” conferita
    dal legislatore, le questioni comuni a tutte le professioni prese
    in considerazione.
    4.2 – Venendo al complesso ed articolato secondo
    motivo di impugnazione, premessa e sottolineata la validità del
    cànone interpretativo generale assunto dal T.A.R. a base delle
    sue considerazioni ( mediante il richiamo della veduta clausola
    generale di salvaguardia dell’ambito stabilito dalla normativa
    vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via
    esclusiva o meno, a ciascuna professione ), i dedotti profili di
    doglianza si rivelano in parte infondati ed in parte
    inammissibili.
    4.2.1 – Anzitutto, quanto alla prevista istituzione, negli
    Albi professionali, di due sezioni ( A e B ) riservate
    rispettivamente ai laureati di primo e secondo livello,
    premesso che la riforma attuata con la legge n. 4 del 1999 sul
    valore e la durata dei corsi universitarii comportava
    indubbiamente l'esigenza di ridefinire i requisiti per l'accesso
    alle cosiddette professioni protette ( per le quali sia necessaria
    - 22 - N.R.G. 6369/2003
    l'iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale ), del tutto
    in sintonia con quanto rilevato dalla Sezione Consultiva per gli
    Atti Normativi con il parere n. 118/2001 reso nell’adunanza
    del 21 maggio 2001, va, in proposito, precisato che la finalità
    del regolamento è quella di collegare i nuovi titoli accademici
    (una volta unici per tutte le Università) con l’ordinamento delle
    professioni vigenti, che, precedentemente alla emanazione del
    contestato D.P.R., era ancora quello anteriore precedente alla
    riforma universitaria e che, a tal fine, non sembra violare la
    norma di delega la suddivisione, in sezioni e settori, degli
    ordini preesistenti, attribuendo - onde evitare confusioni -
    denominazioni diverse ai singoli settori, in attesa di una
    riforma anche della materia degli ordini professionali.
    Dette denominazioni dei settori, in cui vengono ad
    essere ripartite le nuove sezioni “A” e “B” degli Albi
    professionali, così come l’effettiva individuazione per ciascuna
    sezione delle attività maggiormente caratterizzanti la
    professione, non innovano, a parere del Collegio ( né potevano
    assolutamente innovare, alla stregua della “delega” ed in
    particolare del criterio di cui alla lettera a), che prevedeva la
    sola “determinazione dell'ambito consentito di attività
    professionale ai titolari di diploma universitario e ai possessori
    dei titoli istituiti in applicazione dell'articolo 17, comma 95,
    della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive
    modificazioni” ) la materia delle attività riservate o consentite
    alla professione de qua ( in via esclusiva od unitamente ad
    - 23 - N.R.G. 6369/2003
    altre ), attuandone invece correttamente una mera
    ripartizione, previa individuazione di un criterio di carattere
    generale, facente riferimento alle professionalità conseguite a
    compimento dei diversi percorsi formativi di accesso, relativi,
    rispettivamente, alle lauree ed alle lauree specialistiche.
    Pertanto l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto,
    delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle
    sezioni “A” e “B” dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo
    scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando
    quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando
    immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili
    nell’àmbito della professione stessa come già normativamente
    definito.
    E’ evidente, allora, alla stregua di quanto fin qui
    considerato, l’insussistenza del vizio denunciato col quinto
    profilo ( che mérita prioritaria trattazione per ragioni d’ordine
    logico ) del motivo all’esame, col quale si addebita al formatore
    regolamentare di “aver lasciato inalterato il grado di
    confusione che attiene l’individuazione dei confini di
    competenza tra albi contigui” ( pag. 39 app. ), atteso che il
    còmpito e lo spazio attribuito dalla legge “delega” ( le cui
    disposizioni sul punto devono essere interpretate
    restrittivamente in quanto incidenti sulla ordinaria
    ripartizione di competenze normative tra Parlamento e
    Governo ) al regolamento si limitavano alla individuazione, tra
    le attività già attribuite dall’ordinamento professionale agli
    - 24 - N.R.G. 6369/2003
    ingegneri, dell’àmbito rispettivamente devoluto ai laureati
    specialisti ed ai laureati, che, in séguito ad un percorso
    formativo più breve, hanno acquisito minori competenze,
    senza alcuna possibilità di provvedere, come pretende invece
    l’odierno appellante, alla modifica dei “confini di competenza”
    fra professioni, che, per quanto notoriamente oggetto di
    “contenzioso”, rientra in un riordino della materia delle attività
    attribuite a ciascuna professione, come s’è visto non previsto e
    non voluto dal legislatore “delegante”, cui solo compete,
    nell'esercizio della sua discrezionalità, individuare competenze
    ed attribuzioni di ciascuna categoria professionale,
    essenzialmente sulla scorta del principio di professionalità
    specifica, il quale richiede, per l'esercizio delle attività
    intellettuali rivolte al pubblico, un adeguato livello di
    preparazione e di conoscenza delle materie inerenti alle
    attività stesse ( vedansi, tra le molte, le sentenze della Corte
    costituzionale n. 5 del 1999, n. 456 del 1993, n. 29 del 1990 e
    n. 441 del 2000 ); profilo, questo all’esame, la cui deduzione si
    rivela peraltro inammissibile laddove attribuisce al legislatore
    delegato, dolendosene, la volontà “di definire il confine delle
    competenze fra geometri ed ingegneri iunior sulla base di due
    nozioni sostanzialmente analoghe” ( pag. 40 app. ),
    lamentandosi con la stessa, con tutta evidenza, una
    pretesamene illegittima concorrenza di ingegneri e geometri
    nella stessa materia professionale, senza che l’ordine
    professionale dei secondi, di cui pare indubbia l’effettiva
    - 25 - N.R.G. 6369/2003
    titolarità di un interesse qualificato alla conservazione dell’atto
    impugnato e dunque la sua riconducibilità alla tradizionale
    nozione di “controinteressato” ( della quale sussistono nella
    fattispecie sia l’elemento formale – essendo lo stesso
    agevolmente individuabile fra gli “ordini e collegi professionali
    interessati” cui fa riferimento il medesimo atto impugnato
    nelle sue premesse – sia l’elemento sostanziale, essendo esso
    sul punto portatore, quanto meno in astratto, dell’interesse di
    cui sopra, di natura eguale e contraria a quello del
    ricorrente ), sia stato ritualmente intimato nel giudizio di
    primo grado e senza che alcuna efficacia sanante del difetto di
    costituzione del contraddittòrio qui rilevato possa essere
    riconosciuta alla presenza in giudizio dello stesso, in primo
    grado, nella posizione di interventore “ad opponendum”, sia
    perché la costituzione in giudizio di una parte può sanare
    eventuali difetti di una notifica, che – sia pure irregolarmente
    – sia intervenuta, e non per sostituire una attività processuale
    dovuta da parte del ricorrente, sia in relazione alla diversa
    posizione garantita all’interventore, meramente subordinata
    alla posizione della parte, rispetto alla quale svolge il suo
    intervento di sostegno ( Cons. St., V, 3 aprile 2006, n. 1729 ).
    Nemmeno, poi, sussiste la denunciata “ulteriore
    confusione, addirittura, tra ingegneri ed ingegneri iunior” in
    relazione alla “competenza dell’ingegnere iunior per le
    costruzioni civili semplici” ( pag. 40 app. ), dal momento che
    l’individuazione dell’oggetto dell’attività professionale degli
    - 26 - N.R.G. 6369/2003
    iscritti alla sezione “B” dell’albo degli ingegneri per il settore
    “ingegneria civile e ambientale”, lungi dal far mero riferimento,
    come pretende l’appellante, all’uso di metodologie
    standardizzate ( che assume invece un rilievo fondamentale
    nei settori della “ingegneria industriale” e della “ingegneria
    dell’informazione” ), è basata sui chiari concetti di “concorso” e
    “collaborazione alle attività”, che ben valgono a distinguere la
    nuova figura professionale creata, in stretta correlazione con il
    diverso percorso formativo seguito dagli iscritti in tale sezione.
    4.2.2 – Venendo ai dubbii di legittimità del contestato
    D.P.R., formulati con il primo profilo del secondo motivo
    d’appello, circa la possibilità, per gli attuali iscritti all’ordine
    degli ingegneri, di mantenere le proprie precedenti
    competenze, a rivelarne l’infondatezza valga considerare, oltre
    a quanto già sopra sottolineato ( v. punto 4.2.1 ), che il
    regolamento in questione – in ossequio al dettato della fonte
    legislativa sovraordinata – non innova la materia delle attività
    riservate e/o consentite, in via esclusiva od unitamente ad
    altre, ad ogni singola professione, e che la disciplina
    transitoria ( prevista anche per gli ingegneri: v. art. 49 ) tiene
    ovviamente conto dei diritti quesiti, che risultano
    integralmente salvaguardati.
    Il mantenimento, da parte dei soggetti già iscritti
    all’ordine, delle competenze attribuite alla categoria dalla
    vigente normativa è stato infatti previsto, così come per tutte
    le altre professioni, anche per gli ingegneri, come chiaramente
    - 27 - N.R.G. 6369/2003
    si evince dal combinato disposto degli articoli 46 e 49 del
    regolamento.
    E’ evidente, peraltro, che, essendo state le sezioni del
    relativo albo articolate in settori in corrispondenza alla
    pluralità e specificità dei percorsi formativi proprii delle classi
    di laurea e laurea specialistica che consentono l’accesso allo
    stesso, non ci si poteva limitare alla semplicistica previsione,
    secondo cui i precedenti iscritti sarebbero stati
    automaticamente inseriti nella sezione “A” di esso, ma si è
    dovuto far congruamente riferimento anche ai settori, così
    lasciando ad essi la facoltà di iscrizione in uno o più dei
    settori medesimi.
    Ne consegue che anche per gli ingegneri, così come per
    le altre categorie professionali, risulta prevista la possibilità di
    continuare ad esercitare tutte le competenze attribuite dalla
    legge.
    L’acclarato generale mantenimento di tali competenze
    consente anche di ritenere insussistente la pretesa omissione
    concernente “le attività professionali riservate agli iscritti alla
    sezione A dell’Albo degli ingegneri, settore ingegneria
    industriale e ingegneria dell’informazione” (asseritamente
    relativa alle “attività nel campo dell’impiantistica civile, edile e
    ambientale”), avendo il contestato regolamento effettuato,
    quanto alle attività professionali ammesse, un sostanziale
    rinvio all’ordinamento vigente, passando poi ad una
    elencazione meramente esemplificativa delle predette attività.
    - 28 - N.R.G. 6369/2003
    Per quel che riguarda, infine, la lamentata attribuzione
    di competenze - pretesamente spettanti agli ingegneri - ad
    altre categorie professionali, oppure la mancata attribuzione ai
    primi di competenze che si assumono concorrenti con quelle
    di altri professionisti ( architetti: pagg. 23 – 26 app.; geologi:
    pagg. 27 – 30 app. ), i profili di censura relativi si palesano
    inammissibili, non essendovi anche in relazione ad essi
    dubbio alcuno sulla qualità di controinteressati dei relativi
    ordini professionali rispetto a tali doglianze: controinteressati,
    come s’è già visto, in primo grado non ritualmente evocati in
    giudizio.
    4.2.3 - Quanto al diritto al titolo professionale, che la
    normativa vigente attribuisce a coloro che conseguono
    l’abilitazione professionale, le vivaci critiche, formulate
    dall’appellante con il secondo profilo del motivo in
    considerazione, alla scelta dell’Amministrazione di utilizzare
    l’appellativo “iunior” per gli iscritti alla sezione B dell’albo, non
    portano a ritenere sussistente quell’illegittimità, che lo stesso
    pretende di trarne.
    Ed invero, l’Amministrazione si è, con congrua
    motivazione, discostata dal pur difforme parere del Consiglio
    di Stato ( che comunque formula in proposito osservazioni
    attinenti più che altro al mérito ed alla opportunità dell’azione
    amministrativa, e non invece alla legittimità quando ritiene
    preferibili espressioni quali quella di “tecnico di …” ), laddove,
    nella relazione di accompagnamento al regolamento, premesso
    - 29 - N.R.G. 6369/2003
    che va tenuto conto dell’esigenza di distinguere le nuove figure
    professionali che si vengono a creare in relazione al diverso
    percorso formativo seguìto, ha opportunamente sottolineato
    che il termine “tecnico” utilizzato in ambito comunitario per
    identificare i professionisti con percorso formativo triennale è
    ricollegato generalmente ad una formazione di livello postsecondario
    acquisita non in ambito universitario, concludendo
    quindi congruamente nel senso che l’utilizzo del prefissoide
    “tecno” presenta l’inconveniente di non evidenziare con
    immediatezza la scelta di fondo della riforma dei cicli di studio
    universitarii, che ha affidato tale formazione alle Università
    anziché ad altre istituzioni di livello post-secondario.
    Tale scelta, così motivata, appare in sostanza del tutto
    in linea con il complessivo indirizzo ordinamentale, che
    impone di tener conto, nella individuazione dei titoli che
    consentono l’accesso alle professioni, dello stretto raccordo
    esistente tra titolo professionale e percorso formativo, così da
    rendere percepibile, attraverso un aggettivo comunque riferito
    unicamente alla minore qualificazione professionale, la
    particolare qualificazione dei professionisti con una
    formazione triennale acquisita nel nostro Paese ( in siffatti
    términi ancora l’indicata relazione ).
    4.2.4 – Quanto alla discussa conformità agli obiettivi
    formativi qualificanti delle classi di laurea e laurea
    specialistica delle attività professionali consentite
    dall’iscrizione all’albo degli ingegneri, fatta valere con ulteriore
    - 30 - N.R.G. 6369/2003
    profilo di doglianza del secondo motivo di appello, la dedotta
    illegittimità ( evocata in términi peraltro confusi e generici )
    della prevista ammissione all’esame di Stato per l’iscrizione
    nella sezione “A” – settore dell’informazione anche dei soggetti
    in possesso della laurea specialistica della classe 23/S non
    sussiste, atteso che il D.M. in data 28 novembre 2000 (non
    impugnato dal Consiglio appellante) prevede, per il settore
    dell’informazione, tra le classi di lauree specialistiche i cui
    obiettivi e le cui attività formative individuano un percorso
    idoneo all’esercizio della professione di cui alla sezione “A”
    medesima, le classi 23/S, 26/S, 29/S, 30/S, 32/S, 34/S e
    35/S, secondo le quali, nei rispettivi ambiti individuati dallo
    specifico percorso formativo, i laureati specialisti svolgeranno
    attività professionali relative alla innovazione ed allo sviluppo
    della produzione, alla progettazione avanzata, alla
    pianificazione, programmazione e gestione di sistemi
    complessi, del tutto in sintonia con la declaratoria delle
    attività professionali affidate al settore “ingegneria
    dell’informazione” dall’art. 46, comma 1, lett. c), del D.P.R. n.
    328/01.
    Inammissibili risultano poi le doglianze relative alle
    asserite “ulteriori discrepanze tra gli obiettivi formativi”
    anzidetti, rilevate in particolare “per quanto concerne la classe
    di laurea specialistica 38/S … [ che ] consente l’accesso sia
    alla Sezione A settore civile ed ambientale dell’albo degli
    ingegneri che alla sezione A dell’albo dei dottori agronomi e
    - 31 - N.R.G. 6369/2003
    dottori forestali” ( pag. 34 app. ), il cui ordine, avente
    legittimazione a difendere sul punto in sede giurisdizionale gli
    interessi della categoria, non è stato in primo grado chiamato
    in giudizio in qualità di controinteressato.
    4.2.5 – Lo stesso deve dirsi della lamentata “difformità
    di struttura tra gli Ordini che consentono l’ammissione
    all’esame di Stato di laureati e laureati specialistici e quelli
    che prevedono l’accesso per diplomati delle scuole superiori e
    laureati”, di cui all’articolato quarto profilo del motivo in
    considerazione, non essendo stati evocati in giudizio con il
    ricorso introduttivo gli ordini professionali degli agrotecnici,
    dei geometri, dei periti agrarii e dei periti industriali,
    legittimati a contraddire e difendere anche su tale questione
    gli interessi della categoria dei soggetti, di cui hanno la
    rappresentanza istituzionale e portatori dunque di un
    interesse qualificato alla conservazione del regolamento
    impugnato, che non a caso non hanno inteso aggredire.
    Mentre per altro verso inammissibile, in quanto del tutto
    estranea agli interessi della categoria ricorrente, risulta la
    doglianza, secondo cui “coloro che attualmente sono iscritti ai
    suddetti albi, e che sono in possesso del solo diploma
    secondario, continueranno ad avere le stesse identiche
    competenze professionali dei nuovi iscritti senza la necessità
    di disporre di altro requisito formale” (pagg. 36 – 37 app.); e
    ciò perché nessuna concreta ed effettiva lesione ne deriva alla
    categoria stessa.
    - 32 - N.R.G. 6369/2003
    Quanto, infine, al vizio di “clamoroso eccesso di delega”,
    pure formulato con il quarto profilo del motivo oggetto di
    scrutinio, attinente soprattutto alla dedotta “creazione, da
    parte del Governo, di nuove figure professionali” ( pag. 39 app.
    ), esso risulta parimenti inammissibile, oltre che, ancora una
    volta, per la mancata evocazione in giudizio della categoria
    controinteressata ( e ciò perché lo stesso appellante ivi
    ammette di riferirsi “in particolare, alla figura del geometra
    laureato” ), anche per la novità della censura, non formulata
    in primo grado con il ricorso introduttivo.
    4.3 – Venendo, infine, all’ultimo motivo di ricorso
    proposto avverso il D.P.R. n. 328/01, relativo alla dedotta
    violazione del riparto di competenze di cui alla legge
    costituzionale n. 3/2001 ed alla pretesa incostituzionalità
    della legge di “delega” ( n. 4/1999 ) del regolamento de quo,
    esso, che pur resiste, almeno quanto al primo profilo,
    all’eccezione di inammissibilità per tardività sollevata dal
    Collegio dei Geologi resistente ( in quanto, a differenza di
    quanto da questo prospettato, lo stesso risulta in primo grado
    proposto con il primo atto di motivi aggiunti a séguito della
    sopravvenuta legge costituzionale n. 3/2001, entrata in vigore
    successivamente alla notifica del ricorso introduttivo ), si
    appalesa infondato sotto entrambi i profili.
    4.3.1 – La tesi dell’appellante ( secondo cui, a séguito
    della modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione
    introdotta con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, lo
    - 33 - N.R.G. 6369/2003
    Stato non può più disciplinare la materia delle professioni e
    non è più titolare della relativa potestà regolamentare ), pur
    evocando suggestivamente le ampie e complesse
    problematiche che la detta legge costituzionale ha aperto
    nell’àmbito del sistema delle fonti normative, non tiene conto,
    invero, dell’ordinario cànone fondamentale di riscontro della
    conformità delle norme rispetto a quelle di rango superiore,
    ch’è quello del tempus regit actum, sì che la questione
    dell’appartenenza o meno allo Stato della suddetta potestà
    regolamentare in materia di disciplina dell’esame di Stato per
    l’abilitazione professionale e conseguente iscrizione agli albi,
    posta in rapporto alla dedotta illegittimità sotto tale profilo di
    un atto emanato nell’esercizio di siffatta potestà, va risolta
    sulla base delle norme del Titolo V della Costituzione in vigore
    all’atto della emanazione del controverso D.P.R. n. 328/01;
    norme, queste, antecedenti alla riforma invocata, sulla base
    delle quali non si è mai dubitato, e non v’è qui alcun motivo
    per mettere in discussione tale orientamento, che dovesse
    ritenersi attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ed
    alla connessa potestà regolamentare la materia dell’esame di
    Stato in tutti i suoi aspetti.
    Una volta così accertatane la legittima emanazione alla
    stregua del Titolo V della Parte II della Costituzione vigente
    anteriormente alla qui ratione temporis inapplicabile ed
    irrilevante riforma recata dalla citata legge costituzionale n. 3
    del 2001, la sorte del potere regolamentare così esercitato
    - 34 - N.R.G. 6369/2003
    discende poi dal principio di continuità, per cui restano in
    vigore le norme preesistenti, stabilite in conformità al passato
    quadro costituzionale, fino a quando non vengano sostituite
    da nuove norme dettate dall'autorità dotata di competenza nel
    nuovo sistema ( cfr. sentenze Corte costituzionale n. 13 del
    1974 e n. 376 del 2002 ).
    Valga comunque, ed in conclusione sul punto, ricordare
    che successive manifestazioni di potestà regolamentare statale
    in subiecta materia sono già state ritenute non in contrasto
    con il sistema del “nuovo” art. 117 della Costituzione, anche
    alla luce del sopravvenuto decreto legislativo n. 30 del 2006
    emanato nelle mòre del presente giudizio nell’àmbito della
    delega conferita dall’art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131,
    cui la Corte costituzionale ha riconosciuto valore
    interpretativo della riforma del Titolo V della Parte II della
    Costituzione ( v. Cons. St., ad. gen., 13 marzo 2006, n. 3 ).
    4.3.2 – Sotto il secondo profilo dedotto, relativo
    all’àmbito della potestà regolamentare conferita dalla norma
    primaria, va osservato, come del resto già rilevato nel parere
    n. 118/2001 espresso dalla Sezione Consultiva per gli Atti
    Normativi nell’adunanza del 21 maggio 2001 con riferimento
    al regolamento in considerazione, che, se è vero che la
    disposizione dell’art. 1, comma 18, della legge n. 4 del 1999
    incide ( come del resto sopra già sottolineato ) sulla ordinaria
    ripartizione di competenze normative tra Parlamento e
    Governo in una materia dalle delicate implicazioni ( che
    - 35 - N.R.G. 6369/2003
    perviene a diritti costituzionalmente tutelati, anche con
    apposite riserve di legge ), il regolamento stesso è stato
    predisposto in conseguenza della riforma del diploma di
    laurea, per adeguare le regole di accesso a quelle professioni,
    per il cui esercizio l'ordinamento richiedeva il possesso di un
    titolo di studio, che non trovava corrispondenza nei nuovi
    corsi di laurea e nei nuovi titoli introdotti (laurea triennale e
    laurea specialistica, articolate in diverse classi).
    Sul presupposto di tale interpretazione della norma
    primaria autorizzatoria del potere regolamentare di
    delegificazione, il d.P.R. n. 328 del 2001 in questione ha
    regolamentato in modo compiuto solo quelle professioni, per il
    cui esercizio era richiesto dalla normativa vigente il requisito
    del possesso del diploma di laurea, mentre, per alcune
    professioni ( geometra, perito industriale, perito agrario e
    agrotecnico, per le quali la legislazione vigente non richiedeva
    il diploma di laurea ), ha bensì previsto di aggiungere "in
    parallelo e in alternativa" anche tale requisito, ma al solo fine
    di consentire la libera circolazione in Europa dei professionisti
    laureati, senza richiedere il suddetto requisito come
    condizione necessaria e senza diversificare i contenuti della
    professione in relazione al possesso o meno del diploma di
    laurea: soluzione che può ritenersi rientrare nell'ambito della
    "delega", perché ha mantenuto per quelle professioni i canali
    vigenti di accesso e non ha comportato neppure modifiche
    delle prove d'esame (Cons. St., ad. gen., n. 3/2006, cit.).
    - 36 - N.R.G. 6369/2003
    Ciò posto, i criterii direttivi fissati alle lettere a), b) e c)
    del comma 18 in argomento, che autorizza il ricorso al
    regolamento di delegificazione di cui si tratta, non appaiono
    connotati dalla genericità lamentata dall’appellante,
    delineando essi invece con precisione gli interventi riformatori
    possibili con il regolamento stesso (solo quelli consequenziali
    alla riforma del diploma di laurea) e non consentendo, quindi,
    una indistinta e generalizzata riforma dell’accesso alle
    professioni, che avrebbe sì posto con forza il problema della
    legittimità del passo indietro compiuto dal legislatore con la
    previsione di delegificazione.
    Tràttasi, peraltro, di criterii, che appaiono del tutto in
    armonia con il disegno, che aveva già ispirato la riforma
    universitaria ( tenuto conto soprattutto del fatto che, in
    conseguenza della stessa, venivano peraltro ad essere
    sconvolte le régole di accesso a quelle professioni, per il cui
    esercizio l’ordinamento imponeva il superamento di un esame
    di Stato, basato sul possesso di determinati titoli di studio,
    che – dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema – potevano
    non trovare corrispondenza con i nuovi corsi di laurea e con i
    nuovi titoli introdotti ), tendendo a coniugare le esigenze di
    autonomia, e quindi di possibile differenziazione delle
    Università, con quelle di verifica delle effettive capacità
    necessarie ai fini del conseguimento dell’abilitazione
    all’esercizio delle attività professionali; e che appaiono
    sufficientemente dettagliati e congrui anche laddove
    - 37 - N.R.G. 6369/2003
    prescrivono altresì la necessità di indicare i raccordi tra la
    istituzione di apposite sezioni degli albi, ordini o collegi in
    relazione agli ambiti di cui alla lettera a) con la più generale
    organizzazione dei predetti albi, ordini o collegi, così
    riferendosi coerentemente ai necessarii, conseguenti, raccordi
    nell’àmbito dello stesso Albo.
    Da quanto sopra considerato risulta dunque evidente la
    manifesta infondatezza della prospettata questione di
    costituzionalità della “delega” contenuta nel già citato art. 1,
    comma 18, della legge n. 4 del 1999.
    5. – In conclusione, l’appello va respinto, anche,
    peraltro, quanto ai motivi ( di illegittimità derivata )
    corrispondenti ai motivi aggiunti rivolti in primo grado avverso
    l’Ordinanza ministeriale di indizione del nuovo esame di Stato.
    Vanno, invece, dichiarati inammissibili i motivi in
    appello proposti in relazione a profili di illegittimità propria
    dell’Ordinanza stessa, perché privi del requisito della
    “specificità”, essendosi il ricorrente limitato, sul punto, a
    riproporre le censùre enucleate nel secondo atto di motivi
    aggiunti di primo grado, respinte dal T.A.R.
    Pur essendo, infatti, l’appello un rimedio a critica libera
    (nel senso che può essere con esso dedotta qualsiasi censura,
    sia di rito che di mérito), è tuttavia necessario che vi sia in
    esso una critica alla sentenza di primo grado: i motivi di
    appello devono, pertanto, essere specifici, ed un tale requisito
    non può certo ravvisarsi nella mera doglianza, appunto
    - 38 - N.R.G. 6369/2003
    formulata con l’atto all’esame, secondo cui le censùre di primo
    grado, qui riproposte pari pari, sarebbero state “respinte in
    maniera molto laconica dal TAR” ( pag. 46 app. ).
    In particolare, secondo l’orientamento prevalente e più
    recente della giurisprudenza di questo Consiglio ( sez. VI, 21
    febbraio 2006, n. 705 e 29 luglio 2008, n. 3786; sez. V, 29
    maggio 1999, n. 81 ), che il Collegio condivide, la parte già
    ricorrente in prime cure non si può limitare a riproporre i
    motivi del ricorso di primo grado senza articolare puntuali
    censùre avverso la sentenza, che, nel caso di specie, se pure
    con sintetica motivazione, ha puntualmente preso in esame e
    respinto i motivi aggiunti de quibus; sì che la parte era tenuta
    a formulare specifiche critiche contro i capi di sentenza, che
    tali motivi hanno respinto, che non possono certo limitarsi
    alla pretesa laconicità della relativa motivazione.
    Deve, pertanto, ritenersi inammissibile l’appello fondato
    sulla semplice riesposizione delle censùre svolte in primo
    grado, senza specifica e concreta impugnativa dei diversi capi
    della sentenza gravata, atteso che l’appello ha carattere
    impugnatorio, sicché le censure in esso contenute devono
    investire puntualmente il decisum di primo grado e, in
    particolare, precisare i motivi, per i quali la decisione
    impugnata sarebbe erronea e da riformare; motivi, si ripete,
    nel caso all’esame del tutto assenti, quanto ai dedotti vizii
    proprii dell’ordinanza ministeriale pure oggetto del giudizio.
    - 39 - N.R.G. 6369/2003
    6. - Spese ed onorarii del grado di giudizio, liquidati
    nella misura indicata in dispositivo, séguono, come di régola,
    la soccombenza.
    P. Q. M.
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV -
    definitivamente decidendo sul ricorso in appello indicato in
    epigrafe, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara
    inammissibile e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata,
    nei sensi di cui in motivazione.
    Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del
    grado, liquidandole in Euro 4.000,00=, in favore di ciascuno
    degli appellati costituiti ed in Euro 2.000,00= in favore di
    ciascuno degli interventori, oltre accessori di legge, per un
    totale di Euro 26.000,00; nulla per le spese nei confronti
    dell’Ente di Previdenza dei Periti Industriali.
    Ordina che la presente decisione sia eseguita
    dall’Autorità amministrativa.
    Così deciso in Roma, addì 27 gennaio 2009, dal
    Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta –
    riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti
    Magistrati:
    Luigi COSSU - Presidente
    Armando POZZI - Consigliere
    Anna LEONI - Consigliere
    Bruno MOLLICA - Consigliere
    Salvatore CACACE - Consigliere, est.
    - 40 - N.R.G. 6369/2003
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Salvatore Cacace Luigi Cossu
    IL SEGRETARIO
    Rosario Giorgio Carnabuci
    Depositata in Segreteria
    Il123/3/2009
    (Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
    Per il / Il Dirigente
    Dott. Giuseppe Testa
    - 41 - N.R.G. 6369/2003